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La cupola di Brunelleschi, i vaccini mRNA, l’Intelligenza Artificiale: cosa hanno in comune?

Pubblicato il 4 novembre 2021

di Riccardo Bugliosi

L’associazione tra il capolavoro architettonico di Brunelleschi e la realizzazione dei vaccini ad RNA messaggero (mRNA) mediata dagli sviluppi dell’Intelligenza Artificiale (IA) nel campo biomedico può sembrare sorprendente ma se esaminiamo gli eventi storici contingenti ed i meccanismi della ricerca e dell’inventiva che hanno portato alla loro realizzazione possiamo trovare analogie sulle quali riflettere.

Si tratta in ogni caso di conquiste dell’ingegno umano che sono veri spartiacque: c’è un prima e un dopo.

Dobbiamo ovviamente sottolineare che nell’ambito di questa rubrica Medicina 4.0 lo sviluppo dei vaccini mRNA e dell’Intelligenza Artificiale assumono una rilevanza particolare.

Quali sono dunque gli elementi principali che accomunano queste conquiste?
A mio modo di vedere sono i seguenti:

  1. una sfida difficile, ardua che nasce come conseguenza di una pandemia
  2. grandi difficoltà progettuali e realizzative
  3. una soluzione geniale nella sua apparente semplicità, elegante, frutto di una sintesi originale di conoscenze che si sono evolute nel tempo
  4. il risultato rappresenta un grande salto di qualità tecnologico
  5. la questione della proprietà intellettuale.

La cupola di Santa Maria del Fiore

La costruzione del Duomo di Firenze, Santa Maria Del Fiore, risale al 1296 ed è contestuale alla fondazione dell’Opera del Duomo, istituzione laica formata da amministratori, artisti ed artigiani nata per sovraintenderne i lavori. Il progetto, molto ambizioso, era il frutto di un periodo molto travagliato ma culturalmente florido della repubblica fiorentina. Si sarebbe dovuto trattare della vetrina del primato economico e culturale che Firenze stava acquisendo in Europa.

La peste a Firenze

Durante il lungo periodo della sua costruzione la città fu colpita da un’epidemia particolarmente dura: nel marzo del 1348 scoppiò la peste nera.

Dico adunque che già erano gli anni della fruttifera incarnazione del Figliuolo di Dio al numero pervenuti di milletrecentoquarantotto, quando nella egregia città di Fiorenza, oltre a ogn’altra italica bellissima, pervenne la mortifera pestilenza”, Boccaccio, Decameron, Introduzione alla prima giornata.

peste a FirenzeSi trattava della peste bubbonica, probabilmente originata nell’Asia centrale tra la Mongolia e l’attuale Kirghizistan. Aveva come probabile vettore originale un piccolo mammifero come la marmotta e fu portata via mare in Europa dai ratti trasportati dai traffici commerciali provenienti dal porto di Kaffa in Crimea, colonia della Repubblica di Genova. L’epidemia si diffuse a partire dal porto di Messina verso Genova, Marsiglia, Venezia, Pisa per poi diffondersi in maniera ubiquitaria.

Il morbo sconvolse la vita della città e ne decimò la popolazione. Stime precise non sono possibili ma è ragionevole pensare che morì tra il 30% ed il 50% delle persone, forse più. Negli anni successivi tutta l’Europa conobbe un sensibile calo demografico.

Le autorità e la popolazione reagirono imponendo una variegata serie di norme per cercare di frenare il contagio, furono cambiate le modalità di sepoltura, istituiti i lazzaretti, fu vietata la vendita dei vestiti degli appestati. I contatti umani vennero devastati tanto che, sentendo Boccaccio, “l’uno cittadino l’altro schifasse” e “li padri e le madri i figliuoli, quasi loro non fossero, di visitare e di servire schifavano”. I moribondi erano lasciati al loro destino se non saccheggiati. La città era alla mercè di bande di becchini spavaldi che si arricchivano sulle altrui disgrazie. Non mancò una strage di animali.

Non esistevano terapie efficaci ed era un pullulare di truffatori. Nelle case venivano bruciate essenze di tutti i generi ma anche ossi di bue, zolfo nella speranza che le fumigazioni prodotte disinfettassero l’aria.

Uno dei tanti lasciti della peste nera è l’istituzione della quarantena che prende il nome da un provvedimento di isolamento attuato a Venezia. Il maggiore esempio di quarantena conosciuto è quello imposto nel 2019 nella provincia di Hubei in Cina durante il COVID-19 e che ha coinvolto circa 60 milioni di persone.

La peste si ripresentò diverse volte con variabile intensità sino al 1630.

L’anno della peste nera i lavori per il duomo rallentarono ma, a seguito della pestilenza, i cittadini si persuasero di aver bisogno di una chiesa ancor più grande e quindi di una cupola di maggiori dimensioni.

Una sfida architettonica, progettuale e logistica

Dal punto di vista tecnico il cantiere procedette in maniera relativamente regolare ma con il passare del tempo apparve chiaro che la progettazione e la costruzione della cupola sarebbero stati un bel grattacapo.

La sua base risultava composta dal cosiddetto tamburo, un perimetro di mura ottagonale, alto 13 metri e posto all’altezza di 54 metri. Come se non bastasse il tamburo era asimmetrico, senza un centro perfetto, ed aveva un diametro di oltre 45 metri: un’enormità.

L’Opera del Duomo si era ingegnata da lungo tempo al fine di poter dare l’appalto per la sua costruzione. Il progetto avrebbe dovuto risolvere problemi ingegneristici che implicavano soluzioni ancora sconosciute e risolvere le problematiche poste dalla realizzazione di nuovi macchinari edili e dal reperimento e trasporto dei materiali costruttivi.

Dopo decenni di stallo finalmente nell’agosto 1418 fu bandito un concorso:

Chiunque desideri progettare…  Al progettista prescelto sarà versata la somma di 200 fiorini d’oro.” (*)

Filippo BrunelleschiA questo punto entra in scena Filippo Brunelleschi. Nato a Firenze nel 1377 e lì cresciuto proprio a ridosso del cantiere di quel duomo del quale avrebbe realizzato la cupola. Sappiamo che, in armonia con lo “consuetudini’ della sua epoca, è stato uomo di multiformi ingegni: orafo, orologiaio, matematico, architetto, ingegnere. Probabilmente ha realizzato la prima sveglia della storia ed il suo nome è legato in maniera indelebile agli studi sulla prospettiva.

Filippo studiava da anni le problematiche che poneva la costruzione della cupola e per questo trascorse un periodo di diversi anni a Roma assieme al suo amico Donatello. Probabilmente studiò con attenzione le vestigia romane ed è plausibile che abbia prestato attenzione alla cupola del Pantheon.

La sua vita sembra essere stato un apprendistato avente come obiettivo la realizzazione della cupola.

Sicuro di sé Brunelleschi sottopose il suo progetto al vaglio dell’Opera e questo nonostante non avesse una pregressa esperienza sul campo come architetto di grandi opere. Fiducioso nelle sue idee ed assai caparbio ne ottenne l’accettazione. Curiosamente nessuno vinse ufficialmente il concorso ma Filippo fu nominato provveditore e cioè il responsabile dei lavori. Per contro fu costretto a collaborare per qualche anno con Lorenzo Ghiberti, suo storico rivale: evidentemente all’inizio l’Opera del Duomo non si fidava del tutto.

Il 7 Agosto 1420 iniziarono i lavori del cantiere che si protrassero sino al 1436, anno della sua inaugurazione durante la quale fu eseguita la “Nuper Rosarum Flores”, composizione sacra scritta per l’evento, ve ne suggerisco l’ascolto per una curiosità assai evocativa di quella che doveva essere l’ambientazione.

Negli anni a seguire la cupola venne completata con la lanterna apicale, progettata anch’essa da lui, della quale egli non vide il completamento scomparendo nell’aprile del 1446. Sarà terminata nel 1461.

Firenze avrà d’ora in poi la più grande cupola in muratura che a tutt’oggi sia stata costruita.

Una soluzione semplice e geniale

In questo progetto e nel successivo cantiere Brunelleschi “prova a passare dal mondo del pressappoco a quello della precisione, questione fondamentale per la formazione della scienza moderna.” È l’alba della scienza delle costruzioni così come noi la conosciamo. La risposta di Brunelleschi ai problemi strutturali posti dalla costruzione della cupola è stata quella di proporre un progetto nel quale la stessa struttura potesse essere costruita senza l’ausilio di un’impalcatura lignea che la sorreggesse durante la costruzione. Al contrario, costruendola anello dopo anello fece in modo che durante la posa in opera si auto-reggesse sotto la spinta del proprio peso. Il tutto probabilmente aiutato in maniera decisiva dal posizionamento di specifici mattoni della costruzione in verticale, realizzando una struttura a lisca di pesce.

Potete facilmente approfondire i dettagli costruttivi che conosciamo od ipotizziamo su una varietà di siti web molto ben realizzati.

Non abbiamo certezza di alcune delle soluzioni adottate perché Filippo era notoriamente riservato ed ha costantemente cercato di non fare trapelare i suoi segreti costruttivi. Non ha lasciato alcuna documentazione di sua mano. Non abbiamo progetti, disegni, appunti relativi al suo lavoro. Possiamo solo cercare di estrapolare elementi frammentari dai commenti e dalle descrizioni dai coetanei che osservavano i lavori durante il loro svolgimento.

Difficoltà durante la realizzazione

L’architetto fiorentino non dovette solo progettare innovative soluzioni strutturali e modificarle in corso d’opera ma dovette anche progettare e realizzare rivoluzionarie macchine per il sollevamento, paranchi e montacarichi, essenziali per trasportare i materiali alle estreme altezze della costruzione. Lo stesso Leonardo da Vinci li ha ammirati, studiati e disegnati nei suoi taccuini. Vi suggerisco di approfondire il tema in questo video perché troverete delle sorprendenti analogie con quelli che operano al giorno d’oggi: le macchine di Brunelleschi sono state talmente innovative da essere state insuperabili sino alla rivoluzione industriale.

Il progetto ed il relativo cantiere subirono continui cambiamenti in corso d’opera per superare le difficoltà che nascevano via via che la cupola saliva di altezza. Si trattava di un cantiere ad alto rischio per le maestranze ma Brunelleschi si dimostrò un attento conduttore. Ha studiato come far lavorare al meglio i propri operai. Ha progettato strutture per permettere loro di lavorare a grandi altezze privilegiando la sicurezza. Stiamo parlando di circa 300 persone coinvolte e durante il periodo della costruzione ci furono assai pochi incidenti ed un solo morto. Considerando le altezze, il peso dei materiali e le tecnologie disponibili è un risultato eccezionale.

Un salto di qualità tecnologico

L’affascinante storia della cupola genera stupore ed ammirazione ed è sorprendente scoprire che ancora oggi non sappiamo spiegare alcune delle soluzioni ingegneristiche che Brunelleschi ha adottato per risolvere i giganteschi problemi strutturali che l’opera ha comportato.

In ogni caso dopo la realizzazione della cupola l’architettura non è più stata la stessa.

I vaccini ad mRNA e l’Intelligenza Artificiale nel campo biomedico

Il vaiolo

Sin dai primordi l’umanità ha dovuto fare i conti con le malattie infettive che sappiamo essere causate dall’entrata in contatto del nostro corpo con un agente microbico patogeno. Tra le tante malattie infettive ci è tristemente nota il vaiolo, patologia grave ed estremamente contagiosa della cui antica presenza ci testimoniano alcune lesioni scoperte sulla mummia del faraone Ramses V.

Abbiamo convissuto a caro prezzo per millenni con questa patologia che, tra le malattie infettive, è stata a lungo la più diffusa e grave in Europa causando una moltitudine di vittime. Per cercare di combatterlo prima dell’introduzione di un vaccino efficace fu utilizzata la pratica della vaiolizzazione, metodica assai rischiosa ma dotata di una sua validità. I nostri antenati hanno dovuto attendere il 1796 per vedere l’introduzione del primo vaccino antivaiolo da parte di Jenner: con esso ha avuto inizio la storia delle vaccinazioni.

Abbiamo dovuto attendere sino al 1980 per poter ufficialmente comunicare l’avvenuta eradicazione del vaiolo nel mondo. Ad oggi abbiamo delle quantità di questo virus per scopi di ricerca in due laboratori uno negli Stati Uniti ed uno in Russia. Non dobbiamo dimenticare che il vaiolo è una potenziale arma biologica.

Vaccini

Prima di affrontare il tema dei vaccini ad mRNA facciamo un breve ripasso generale.

Come sappiamo esistono diverse tipologie di vaccini:

  1. a virus attenuato (Vaiolo, Polio, Morbillo, Parotite, Rosolia, Febbre Gialla, Influenza nei bambini)
  2. a virus ucciso, quindi non replicativo (Polio, Epatite A)
  3. basati su anatossina (Difterite e Tetano, antiinfluenzali convenzionali)
  4. a subunità: inoculano solo una porzione del microorganismo (Epatite B, Papilloma)
  5. ad Adenovirus (esempio nel Covid-19 sono Astrazeneca e Johnson & Johnson)
  6. ad Acidi Nucleici DNA ed RNA.

I vaccini oltre allo stimolante antigenico, cioè il principio attivo, contengo delle sostanze denominate eccipienti. Si tratta di sostanze inerti, senza potere terapeutico, che sono necessarie per produrre lo specifico vaccino oppure facilitarne l’assunzione o l’introduzione nell’organismo. Si può consultare un’esaustiva lista  a questo link della FDA (Food and Drug Administration americana).

Alcuni eccipienti sono aggiunti ai vaccini per scopi specifici:

  1. conservanti: per prevenire possibili contaminazioni (per esempio il Thimerosal utilizzato per prevenire la crescita di batteri e funghi nei vaccini multidose)
  2. adiuvanti: al fine di stimolare una maggiore risposta del sistema immunitario. In poche parole servono a far funzionare meglio i vaccini.
  3. stabilizzanti: per stabilizzare il vaccino durante il trasporto e l’immagazzinamento (esempi sono il Sorbitolo, il Lattosio, il Glicerolo, l’Urea).
  4. emulsionanti (ad esempio il Polisorbato 80, molto utilizzato nel settore alimentare).

Altri eccipienti provengono da tracce residue di materiali utilizzati durante la produzione e che sono stati rimossi. Tra questi:

  1. materiali provenienti dalle colture cellulari (ad esempio le proteine dell’uovo)
  2. componenti inattivanti per inibire tossine ed uccidere i virus (come la formaldeide)
  3. antibiotici, utilizzati per prevenire contaminazioni batteriche (per esempio la Neomicina).

La tematica dell’utilizzo globale di questi farmaci, i vaccini sono farmaci, è divenuta molto diffusa e dibattuta nel contesto dell’epidemia COVID-19 ma, proprio a proposito di epidemie, non dobbiamo dimenticare che ogni anno abbiamo a che fare con l’influenza. Questo merita un approfondimento.

Influenza

L’impatto globale di questa patologia stagionale è maggiore di quanto si possa immaginare: causa direttamente o no circa 650.000 morti l’anno ed ha rilevanti costi economici e sociali. Da circa 80 anni abbiamo vaccini annuali antiinfluenzali ma la loro efficacia è piuttosto variabile, si attesta mediamente tra il 40% ed il 60% ma può ridursi al 10%. Li utilizziamo perché, anche nel caso abbiano un’efficacia ridotta, permettono di frenare l’incidenza di questa patologia molto diffusiva.

A proposito di vaccinazione antiinfluenzale dobbiamo ricordare che nella recente storia della medicina ci siamo confrontati con errori che si sono dimostrati poi utili per ricordarci quali avanzamenti abbiamo fatto, quanto la metodologia e la ricerca scientifica abbiano permesso di rendere disponibili fondamentali strumenti terapeutici.

Nel 1918 esplose la pandemia influenzale peggiore della storia moderna. Uccise globalmente tra i 50 ed i 100 milioni di persone. Fu impressionante il suo alto tasso di mortalità che si rilevò maggiore nei minori di 5 anni, tra i 20 ed i 40 anni e al di sopra dei 65.  Nonostante quel virus sia stato ampliamente studiato, ancora oggi non sappiamo perché fosse così letale.

Inizialmente si pensò che la causa dell’epidemia fosse batterica e di conseguenza furono prodotti vaccini contro microorganismi presenti nell’espettorato dei malati, ovviamente inefficaci. Finalmente nel 1930 si scoperse che la vera causa era virale e ciò rese possibile la realizzazione di un vaccino efficace la cui produzione partì dal 1945. Da allora è cominciata la guerra tra questi vaccini e le varianti espresse dai virus influenzali.

Sappiamo che le varianti scaturiscono dal meccanismo di replicazione virale che genera errori di trascrizione genetica che producono mutazioni randomiche che possono essere sia nocive (spesso) che molto utili per la sopravvivenza del virus medesimo. L’eccezionale capacità di mutazione dei virus influenzali spiega la possibilità che più ceppi del virus si diffondano nella singola stagione epidemica, si capisce così quanto sia stato difficile produrre vaccini in tempi così stretti e con questa variabilità.

La procedura convenzionale per produrre vaccini antiinfluenzali prevede di introdurre i virus che ne sono causa nelle uova di gallina dove possono replicarsi. Una volta estratti e purificati vengono inattivati per essere pronti all’utilizzo nella popolazione. In questo modo si produce una risposta immunitaria causata dalla presenza di un microorganismo estraneo che non può replicarsi.

Vaccini ad RNA messaggero (mRNA)

vaccino-mRNAL’idea di inoculare l’RNA messaggero per indurre la produzione proteica veicolandolo con lipidi risale al 1978. Gli esperimenti al riguardo furono realizzati sfruttando come veicolo lipidico i liposomi. Questi ultimi sono vescicole lipidiche con una struttura simile a quella delle membrane cellulari e vengono diffusamente utilizzati per veicolare farmaci.

Nel 1984 fu prodotto per la prima volta un mRNA biologicamente attivo sfruttando soprattutto un enzima RNA-sintetico (l’RNA-polimerasi) derivante da un virus.

Caratteristica degli studi sino ad allora realizzati era quella di utilizzare la sintesi proteica indotta da mRNA al solo scopo di fare ricerca sul funzionamento dei meccanismi endocellulari.

Con tutta probabilità fu Robert Malone nel 1987, presso l’Istituto Salk di La Jolla in California, ad avere per primo l’idea di utilizzare l’RNA messaggero come farmaco. L’idea di base era quella di inoculare un RNA messaggero che istruisse l’organismo a produrre una specifica proteina dei virus influenzali. In questa maniera è l’organismo stesso a produrre l’antigene verso il quale si rivolge il sistema immunitario.

Va ricordato che in tempi recenti Malone, non avendo visto riconosciuto il suo lavoro, la relativa proprietà intellettuale ed i relativi benefici economici, è divenuto un personaggio controverso in quanto nega la sicurezza di quegli stessi vaccini.

Da allora in poi la storia di questi farmaci sperimentali è stata articolata e complessa: il problema era che l’mRNA era altamente instabile e gli studi erano ritenuti eccessivamente costosi. Numerosi laboratori hanno faticato anni per trovare la giusta formulazione di acidi nucleici e lipidi adatta a produrre un prodotto efficace. L’mRNA continuava ad avere la reputazione di essere incredibilmente instabile.

Nel 1991 una startup ed una multinazionale, Vical e Merck, iniziarono studi multimilionari per cercare di produrre vaccini mRNA contro l’influenza. Questi sforzi non andarono in porto: la complessità della realizzazione ed il costo fermarono il progetto. L’attenzione fu quindi posta sui vaccini a DNA i cui esperimenti ebbero un certo successo sugli animali ma non sugli esseri umani.

Le difficoltà sino ad allora riscontrate indussero a spostare la ricerca dai vaccini antiinfluenzali ai farmaci per l’oncologia. L’idea di base era quella di far produrre dall’organismo proteine specifiche delle cellule tumorali verso le quali indurre una risposta immunitaria. Molti di questi studi non ebbero successo: troppo costosi ma uno rappresentò una pietra miliare.

Nel 1997 Eli Gilboa della Duke University propose di prelevare le cellule immunitarie dal sangue e quindi ad indurle ad assimilare mRNA sintetico capace di fare esprimere proteine tumorali. Una volta reintrodotte nel corpo queste cellule avrebbero condotto il sistema immunitario contro la neoplasia.

Questi studi sono stati alla base dei progetti che hanno portato alla creazione di due aziende tedesche che oggi conosciamo bene: BioNTecH e CureVac. Contrariamente all’esperimento di Gilboa le due aziende si focalizzarono sul tentativo di introdurre direttamente l’mRNA nell’organismo. Il tutto avvenne nello scetticismo diffuso della comunità scientifica. Il fondatore di CureVac racconta che ad una delle  presentazioni dei primi risultati che aveva ottenuto era presente un premio Nobel che affermò: “Tutto questo è una completa schifezza!”. Non è mai stato reso noto chi fosse.

Nel 2004 Karikò e Weissamn, entrambi dell’Università di Pensilvania, pubblicano uno studio fondamentale. Avevano cominciato a collaborare dal 1997 avendo come obiettivo quello di produrre un vaccino per l’HIV. Sin dall’inizio le loro maggiori difficoltà incontrate erano legate al fatto che i vaccini sperimentati inducevano nell’organismo ospite una forte risposta infiammatoria (la tempesta di citochine) causata dall’introduzione dell’mRNA stesso. Negli anni avevano tentato di ovviare cercando di capire come l’organismo riconosce l’mRNA non Self e lo sa distinguere da quello proprio (Self).

Nello studio del 2004 descrissero la scoperta relativa al fatto che se le cellule immunitarie scoprono un mRNA riconosciuto come non-Self scatenano una risposta molecolare di citochine che ha la finalità di contrastare l’organismo patogeno in attesa dell’organizzazione e quindi dell’intervento della risposta immunitaria specifica.

Ovviamente tale reazione, se eccessiva, può generare una tempesta infiammatoria assai pericolosa per lo stesso organismo in cui si produce. Era quello che succedeva in laboratorio: l’introduzione di mRNA scatenava una risposta inappropriata e potenzialmente fatale.

In quegli anni pioneristici l’immunogenicità era verificata e studiata da Weissman mentre Karikò si occupava dell’mRNA e della sua veicolazione.

Nel 2007 fanno la successiva scoperta chiave: riescono a modificare parte del codice mRNA per evitare la risposta immunitaria indesiderata sostituendo uno dei nucleotidi, l’uridina, con la pseudouridina. Questa modifica permette al filamento nucleotidico di non essere visto come Non Self dall’organismo e verrà apportata a tutti i moderni vaccini ad mRNA.

Nel settembre del 2021 Weissman e Karikò hanno ricevuto il premio Lasker, il più importante riconoscimento nel campo della ricerca biomedica negli Stati Uniti. E’ stata riconosciuta la loro fondamentale ricerca per rendere l’mRNA alla base dei nuovi rivoluzionari vaccini.

Nanotecnologie

Nella progettazione dei vaccini ad mRNA sono state introdotte le nanotecnologie e nello specifico la nanoparticella lipidica che protegge l’RNA messaggero è composta da quattro molecole le cui differenti cariche elettriche ne favoriscono la veicolazione nell’organismo.

Oltre alla Nanomedicina nello studio, realizzazione e quindi nella produzione di questi farmaci sono coinvolte scienze e tecnologie d’avanguardia come l’Intelligenza Artificiale, la Biologia Computazionale, l’Immunologia Computazionale.

Intelligenza Artificiale

L’IA è una tecnologia pervasiva e l’esempio paradigmatico di ciò lo si osserva a Moderna: è riduttivo considerarla una casa farmaceutica. Il suo nome deriva da “Modified RNA” e nel contesto aziendale utilizza estensivamente l’IA sia per velocizzare lo sviluppo dei vaccini che per favorire l’automazione e l’ottimizzazione dei processi aziendali e produttivi. Prendendo spunto da un mio precedente articolo:

Secondo la descrizione che la stessa Moderna fa del proprio progetto tecnologico, l’RNA messaggero viene visto come un software le cui potenzialità vengono di volta in volta espresse per produrre vaccini ed altre terapie immunologiche. L’enorme potenziale di questo approccio consiste nella vasta gamma di possibili applicazioni nella medicina preventiva e terapeutica. Una singola tecnologia che ha prodotto uno specifico prodotto, una volta dimostratasi efficace, può portare con relativa semplicità allo sviluppo di ulteriori prodotti per patologie anche molto differenti tra loro. Nella descrizione del loro approccio aziendale l’informatizzazione e la digitalizzazione sono fondamentali. Sono attrezzati con una forte componente Cloud nella infrastruttura digitale. Ciò permette loro di sfruttare massivamente gli strumenti che offre una struttura Cloud in senso di data collection, data management, e data mining. D’altronde i servizi Cloud ormai sono intrisi di Intelligenza Artificiale. Nello specifico l’IA è fondamentale nei progetti di Moderna per realizzare il data analytics e la modellazione predittiva supportata dal Machine Learning. Questo permette di accelerare in maniera drastica i processi di ricerca e sviluppo e, successivamente, di produzione.

Moderna ha al suo interno una posizione IT chiamata Chief Data and Artificial Intelligence Officer. Questo specialista si occupa tra l’altro dei sistemi di IA che vengono realizzati internamente per essere integrati nei processi produttivi aziendali. Uno dei processi più interessanti è quello relativo al design della sequenza di uno specifico RNA messaggero. Se si vuole poter codificare per specifiche proteine (come la Spike del SARS-CoV-2) ci si deve confrontare con una grande quantità di potenziali sequenze nucleotidiche che però il più delle volte codificano per proteine con una struttura finale non corretta. Ne consegue che partendo da una sequenza di aminoacidi occorre riuscire a progettare le corrette sequenze nucleotidiche. Moderna ha algoritmi di IA che possono realizzare detta traduzione in modo molto efficace.

Il futuro a breve termine della tecnologia dell’RNA messaggero sarà molto probabilmente nella produzione di una vasta gamma di vaccini (HIV, Zika, Malaria, CMV, RSV) e di terapie per malattie autoimmuni ed oncologiche. A medio, lungo periodo troviamo invece la possibilità di produrre particolari tipi di RNA la cui caratteristica sarà quella di essere stabili, tra questi l’endless RNA(eRNA), l’oRNA e via dicendo. Questi ultimi studi derivano dalle conoscenze che abbiamo acquisito su una particolare classe di RNA: la Non Coding.  Si tratta di molecole di acido ribonucleico che sono normalmente presenti nel nostro organismo e che non sono in grado di codificare per la sintesi proteica ma hanno la caratteristica di essere stabili.

Copyright

Un ultimo punto che accomuna i nostri tre soggetti è quello della proprietà intellettuale. Brunelleschi è stato notoriamente strenuo nel proteggere la proprietà delle sue idee. È sempre stato quantomeno avaro nel fornire informazioni o spiegazioni anche nei momenti nei quali gli si chiedevano delucidazioni ritenute essenziali. Non ha lasciato documentazioni, alcune sue soluzioni progettuali sono ancora poco chiare se non oscure.

Non mi soffermo sulla questione della proprietà intellettuale e dei brevetti dei vaccini ad mRNA nel contesto COVID-19, questione sulla quale possiamo crearci un’opinione documentata ma non facile.

Anche l’IA pone il problema del copyright in quanto presto sarà in grado di produrre invenzioni nelle più varie discipline che pongono originali problematiche giuridiche ispirate, incredibilmente, da un vascello progettato dallo stesso Brunelleschi.

Conclusioni

La cupola di Santa Maria del Fiore è frutto esclusivo della genialità e dell’ingegno di un solo uomo che è stato capace sia di sfruttare al meglio le conoscenze tecniche storiche sia di “inventare” nuove tecniche e rivoluzionarie tecnologie. Non per niente ha voluto che sulla sua tomba venisse scritto accanto al suo nome il solo titolo di “Inventore”, termine che nel vocabolario dell’epoca assumeva un significato tutto particolare.

I moderni vaccini ad mRNA al contrario, come accade prevalentemente nel nostro mondo estremamente complesso, sono sia il frutto degli studi e delle intuizioni di due ricercatori particolarmente capaci ma al contempo sono il risultato reso possibile dalle evoluzioni tecnologiche e dalle ricerche in svariate discipline che hanno coinvolto numerosi ricercatori.

Entrambi hanno rappresentato una pietra miliare. C’è stato un prima ed un dopo.

La peste nera del 1348 ha spinto i fiorentini ad avere maggiori ambizioni architettoniche riguardo alla loro cattedrale gettando le basi di una cupola dalle dimensioni inusitate e l’epidemia COVID-19 ha rappresentato un’emergenza globale che permesso la disponibilità di enormi fondi, risorse tecniche ed umane che hanno accelerato la creazione dei vaccini ad RNA messaggero la cui tecnologia era, per nostra fortuna, matura.

Aggiungiamo inoltre per la prima volta nella storia abbiamo sperimentato come sia stato possibile realizzare vaccini altamente efficaci in tempi molto brevi per combattere una grave epidemia, un tipo di flagello ricorrente per l’umanità tutta.

Post Sriptum

Se volete potete vedere la schietta simpatia di Weissman e Karikò, lei molto estroversa lui particolarmente a disagio davanti alla telecamera.  Il tutto in questa breve intervista attivando, se necessario, la traduzione simultanea in italiano, molto comoda. Ricordate che tale traduzione è resa possibile  dall’implementazione da parte di Google della Neural Machine Translation ossia Intelligenza Artificiale.

A presto

(*) La citazione completa è presente nel libro di Ross King “La cupola di Brunelleschi”.

 

Per contattare l’autore potete scrivere una mail a: comunicazione@cassagaleno.it

 

dottor Riccardo Bugliosi*Riccardo Bugliosi è medico, specialista in Medicina Interna. Ha pregressi studi universitari in Fisica ed Ingegneria Elettronica. Esperto di Intelligenza Artificiale lavora nell’ICT. Le sue pubblicazioni sono facilmente reperibili sul web.

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