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Terapia del cancro della prostata iniziale. E’ tempo di bilanci

Prof. Marcello Negri

TUMORE-PROSTATA-COP-OK-640x480Il trattamento del cancro della prostata iniziale (rischio basso o intermedio)  contempla tre opzioni: monitoraggio del PSA e attendere, radioterapia con/senza  antitestosteronici, intervento chirurgico radicale, quest’ultimo convenzionale o robotico.

Quale trattamento?

F. C. Hamdy et Al (1), forti di una casistica di 82.429 uomini che spazia dal 1999 al 2009, concludono che “la mortalità non differisce significativamente tra i 3 trattamenti… la radioterapia e la chirurgia sono associate ad una minore incidenza della progressione della malattia e di metastasi rispetto all’attesa attiva”. A. V. D’Amico (2) ha sottoposto ad attenta analisi lo studio di Hamdy e – valorizzando l’età dei pazienti – ritiene che a) l’attendismo, seppure attivo, espone alla metastatizzazione rispetto agli altri trattamenti con una evidenza di primo livello e trova indicazione solo in caso di coesistente malattia con bassa aspettanza di vita; b) la libera opzione tra radioterapia e chirurgia, che rispetto alla mortalità non offrono differenze statisticamente  significative,  si dovrebbe basare solo sulle differenze che questi trattamenti producono sulla qualità di vita. In questa ottica è utile riferire lo studio di J. L. Donovan  (3) che ha seguito per 5-6 anni 1.643 uomini valutando l’impatto della scelta del trattamento sulla qualità di vita, in particolare sulla funzione sessuale e sull’incontinenza urinaria: la prostatectomia tende a  produrre l’impatto più grave, seguita dalla radioterapia (questa soprattutto nei primi 6 mesi post-irradiazioni), mentre nell’attesa attiva le funzioni declinano lentamente.

Chirurgia convenzionale o robotica?

Il progresso tecnologico procede in modo continuo, inarrestabile e nell’ultimo secolo velocissimo. È il caso del robot padrone – schiavo: il chirurgo dalla consolle comanda il robot che è avvantaggiato da una visione 3D, da un’immagine stabile e ingrandita, dall’articolazione interna endo wrist, e non risente di tremori emotivi o fisiologici. In pratica l’ideale per una chirurgia laparoscopica. La chirurgia robotica è stata utilizzata in urologia dal 2001; l’immissione sul mercato del robot da Vinci è stata seguita da una sua rapida diffusione.

Alla fine di luglio scorso, è comparso uno studio di X. Huang (4) che – dall’esame di 24 studi di cui 7 prospettivi e 15 retrospettivi – ha concluso: “non vi è decisiva evidenza che la chirurgia robotica sia avvantaggiata per quanto attiene gli esiti perioperatori e oncologici” pur tenendo presente che comporta minori perdite di sangue durante l’intervento. Pressoché negli stessi giorni, J. W. Yaxley et Al. (5) hanno pubblicato il primo risultato di uno studio partito nel 2010 nella città di Brisbane (Australia): dal confronto tra 121 prostatectomie radicali retropubiche e 131 prostatectomie laparoscopiche robot-assistite hanno concluso che – per la prima volta con il livello 1 di evidenza – “le due tecniche producono esiti simili a 12 settimane dall’intervento”.

Soprattutto il trial di Yaxley ha prodotto ripensamenti sui costi non indifferenti della chirurgia robotica e sulla fretta con la quale spesso questo trattamento è stato privilegiato. Al problema economico, e più in generale alla “importanza dell’incertezza… che deve essere risolta durante il confronto medico-paziente”, rivolge la sua attenzione l’editorialista de The Lancet (6) del 10 settembre. Da qui le congratulazioni a Yaxley e collaboratori e anche ai pazienti per l’impegno profuso e l’auspicio che il trial possa proseguire malgrado alcuni scetticismi. Inoltre, l’autore ritiene che la raccolta di big data, la medicina di precisione, la tecnologia applicata ecc. “hanno la potenzialità di giocare un ruolo di aiuto alla sanità per raccogliere i premi della rivoluzione digitale”. E conclude: “Un solido scetticismo verso l’innovazione e la capacità di ammettere l’incertezza alla fine porterà miglioramenti nel campo della salute”. Ma diversi urologi europei (7) – reso onore all’alta qualità dello studio di Yaxley – ritengono che la discussione resti ancora aperta e che incoraggerà futuri studi finalizzati a chiarire ciò che offre la chirurgia robotica.

 

Bibliografia

  1. F C Hamdy et Al.  10-year outcomes after monitoring, surgery, or radiotherapy for localized prostate cancer. N Engl J Med 2016 Sept 14. DOI: 10.1056/NEJMoa1606220.
  2. A V D’Amico. Treatment or monitoring for early prostate cancer. N Engl J Med 2016 Sept 14. DOI: 10.1056/NEJMe1610359.
  3. J L Donovan. Patient-reported outcomes after monitoring, surgery, or radiotherapy for prostate cancer. N Engl J Med 2016 Sept 14. DOI: 10.1056/NEJMoa1606221.
  4. X Huang. Comparison of perioperative, functional , and oncologica outcomes between standard laparoscopic and robotic-assisted radical prostatectomy. Surg endosc 2016 Jul 21(Epub ahead of print).
  5. J. W. Yaxley et Al. Robot-assisted laparoscopic prostatectomy versus open radical retropubic prostatectomy: early outcomes from a randomised controlled phase 3 study. Lancet 2016 26 July. DOI: http://dx.doi.org/10.1016/S0140-6736(16)30592-X.
  6. Editorial. Robotic surgery evaluation: 10 years too late. Lancet 2016, 388, 10049, 1026.
  7. N Fossati et Al. Robotic and open radical prostatectomy. The first prospective randomised controlled trial fuels debate rather than closing the question. Eur Urol 2016 Sept 8. pii: S0302-2838(16)30580-2.  doi: 10.1016/j.eururo.2016.08.068.

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