Prof. Marcello Negri
Dobbiamo ridurre l’apporto di sale nei soggetti normotesi? Si può ridurlo a meno di 2,5 g/giorno?
Eminenti clinici e ricercatori, autorevoli associazioni scientifiche e organismi sanitari nazionali e internazionali consigliano a tutti e in modo rigoroso di consumare poco sale in quanto responsabile di ipertensione, a sua volta causa di eventi cardiovascolari e aumento della mortalità. Rispetto a questa “direttiva” ci sono, però, voci che si interrogano sulla necessità che siano coinvolti anche i soggetti normotesi e/o su quanto significhi il termine poco.
Un sasso nello stagno
La situazione – potremmo dire di quasi calma piatta – è stata turbata alcuni mesi fa da Andrew Mente et Al (1) che hanno riferito su The Lancet l’analisi riassuntiva di 4 studi prospettici condotti in 49 Paesi: 63.559 soggetti con ipertensione arteriosa e 69.559 senza, con un’età media di 55 anni, nei quali è stata valutata l’escrezione urinaria di sodio quale misurazione dell’apporto dello stesso. I partecipanti sono stati seguiti in media per 4,2 anni (3 – 5). Gli autori concludono che “nella popolazione con ipertensione un alto apporto di sodio – confrontato con uno moderato – è risultato associato con un aumentato rischio di eventi cardiovascolari e morte (nessuna associazione nella popolazione normotesa); mentre un basso apporto di sodio risulta associato con aumentato rischio di eventi cardiovascolari e morte nei soggetti con o senza ipertensione”.
La reazione è stata pressoché immediata. Su un’altrettanto prestigiosa rivista, M. E. Cogswell et Al (2) dichiarano che nello studio di Mente non è valida la metodologia della valutazione dell’apporto di sodio; sul JAMA (3) alla stroncatura viene congiunta l’ironia; le industrie alimentari vengono “invitate” dalla Food and Drug Administration (FDA) a “limitare” l’uso del sale nella preparazione dei cibi.
The Lancet, dopo aver affermato con un editoriale (4) la necessità di altri “studi rigorosi circa la riduzione del sale”, si è aperto alla discussione.
E’ raggiungibile una conclusione?
Il 29 ottobre scorso, ben 8 interventi più la replica di Mente et Al. sulla suddetta rivista hanno arricchito il dibattito (5). L’onda lunga dei critici dell’articolo di Mente si è concretizzata: il presidente dell’American Heart Association, S. Houser, anche a nome dell’Associazione, dopo aver definito difettosa la metodologia dello studio di Mente, applaude all’iniziativa della FDA e invita le industrie alimentari a non dare via libera al sodio; tre dure “lettere” di autorevoli studiosi, N. Wald e M. Law, P. Strazzullo et Al. e P. F. Cappuccio, criticano lo studio di Mente con abbondanti riferimenti a ricerche pubblicate su importanti riviste, quindi vagliate da eminenti referees, tuttavia Mente e collaboratori riportano – nella dettagliata risposta – altrettanti autorevoli riferimenti e controbattono punto per punto le critiche. Altri interlocutori sono meno aggressivi: J. Katz richiama l’importanza della “sodio sensibilità”, ma gli viene specificato che questa è mal definita e non valutabile; M. H. Alderman ricorda che il 90% della popolazione mondiale assume 2,5 – 5 g di sale al giorno e il restante 10% ne assume di più oppure di meno per cui risulta esposto ai rischi cardiovascolari e alla morte, pertanto considera questo il momento di passare dagli interventi di sanità pubblica all’evidenza fornita da trials clinici al fine di dare indicazioni precise a medici e pazienti; G. Schofield invita a prendere in considerazione negli studi anche i trigliceridi, l’insulina, il glucosio anziché il solo sodio; R. Bayer getta acqua sul fuoco riportando la controversia ad un normale confronto e afferma: “Noi riteniamo che un approccio di buonsenso alla sfida del sale richiede una spassionata lettura dell’evidenza così come una trasparente ammissione di cosa sappiamo e cosa non sappiano”.
Non sembra giunto il momento per la conclusione del dibattito.
Bibliografia
- Andrew Mente et Al. Associations of urinary sodium excretion with cardiovascular events in individuals with and without hypertension: a pooled analysis of data from studies. Lancet 2016, 388, 10043, 465.
- ME Cogswell et AL. Dietary sodium and cardiovascular risk – measurement matters. N Engl J Med 2016, 375, 580.
- TR Frieden. Sodium reduction – saving lives by putting choice into consumers’ hands. JAMA 2016, 376, 579.
- Editorial. Evidence based policy for salt reduction. Lancet 2016, 388, 10043, 438.
- The Lancet. 2016 29 October, 388, 10056, 2109 – 2114.