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Terapia oncologica integrata: uso dei farmaci naturali in oncologia

La terapia oncologica integrata è un approccio multidisciplinare

Di Vezia Mei

La professoressa Vezia Mei è specialista in clinica medica, cardiologia e medicina legale. Socio fondatore di ARTOI – Associazione Ricerca Terapie Oncologiche Integrate, la professoressa Mei è libero docente di fisiologia generale, direttore sanitario presso la Casa di Cura Mater Dei di Roma, membro del comitato scientifico “Centro Studi in Scienza della vita”, Università degli studi G. Marconi.

La battaglia contro i tumori non è ancora vinta. Nei paesi industrializzati il cancro rappresenta la seconda causa di morte dopo le malattie dell’apparato cardiovascolare. In Italia, nel 2017, i tumori hanno causato la morte di 180.085 persone equivalenti al 27,7% di tutte le 650.614 morti registrate in quell’anno. Nella pratica quotidiana abbiamo assistito ad un fenomeno dilagante a livello mondiale che nei primi anni ’90 anche in Italia aveva assunto dimensioni notevoli: la ricerca di percorsi alternativi alla medicina convenzionale. Più del 50% dei pazienti era alla ricerca di percorsi di tipo alternativo.

Successivamente proprio per l’impegno di molti medici e ricercatori si è cercato di riportare all’interno dei confini scientifici tutti quei percorsi terapeutici che riguardavano i trattamenti oncologici. Per non lasciare i pazienti in mani spesso “non mediche” sono state approfondite le conoscenze tecniche e metodologie cosiddette alternative o complementari onde cercare di comprendere l’eventuale utilità delle stesse e salvaguardare i pazienti da pratiche potenzialmente rischiose. Per questo è nata una nuova branca: la medicina integrata. Di particolare interesse è il campo oncologico.

Nasce così negli anni 2000 l’oncologia integrata. La chemioterapia, la radioterapia, l’immunoterapia hanno dimostrato importanti vantaggi terapeutici ma anche limiti dovuti a una qualità della vita non brillante e purtroppo con ridotti risultati in caso di patologie diffuse. Ecco che nel mondo si sono sviluppate realtà scientifiche con lo scopo di una maggior attenzione alla QoL – Quality of Life, e validati ambiti di ricerca clinica. Nascono nei primi anni 2000 la SIO (Society for Integrative Oncology) e la NCCAM (National Center Complementary and Alternative Medicine) per rispondere ad esigenze dei pazienti che chiedono di avere una migliore qualità della vita e anche qualche vantaggio aggiuntivo. La SIO in particolare è formata da oncologi, medici, nutrizionisti, che rispondono alle domande dei pazienti.

In Europa si stima che circa il 40% dei malati di tumore si rivolga alle medicine complementari in aggiunta alle cure oncologiche e secondo uno studio condotto in Francia su 4.349 malati oncologici due anni dopo la diagnosi, quasi il 20% ha fatto ricorso a una medicina complementare: principalmente omeopatia, agopuntura, fitoterapia. Il ricorso a questi trattamenti è associato a giovane età, sesso femminile e livello di istruzione superiore (Sarradon-Eck 2017).

Anche in Italia si sono fatti studi per conoscere quanto questo nuovo fenomeno è radicato. Secondo una ricerca condotta in sei Dipartimenti oncologici toscani quasi il 40% dei pazienti con tumore utilizza una o più medicine o tecniche complementari, tra cui dieta e integratori, fitoterapia, omeopatia e terapie corpo/mente. Uno studio nel 2018 svolto in collaborazione fra l’ISS, l’AIMAC ed ARTOI, ha mostrato che in Italia più del 60% dei pazienti oncologici nel corso dei trattamenti fa uso di sostanze o metodologie complementari.

Circa il 50/80% dei malati si rivolgono a terapie non convenzionali non per aspettative miracolistiche, ma per alleviare i carichi di sofferenza che le terapie classiche non risolvono completamente.

A questa forte richiesta di supporto con le medicine complementari che arriva dai malati di tumore non corrisponde tuttavia un’adeguata offerta di trattamenti nelle strutture sanitarie pubbliche. Una survey realizzata per l’European Partnership for Action Agaist Cancer/EPAAC (Rossi 2015) ha esplorato questo tema per la prima volta rilevando che circa il 20% dei centri oncologici europei offre ai pazienti una forma di terapia complementare. La terapia oncologica integrata vuole essere un approccio multidisciplinare atto a migliorare i risultati ottenuti dalle terapie convenzionali. Ogni terapia antiblastica ha in sé effetti benefici, ma anche effetti indesiderati. La terapia integrata cerca non solo di risolvere questi problemi, ma propone un uso combinato cosiddetto integrato, di farmaci naturali e metodologie al fine di raggiungere maggiori risultati. Come è successo in America anche in Italia è nata l’associazione ARTOI (Associazione per la Ricerca per le Terapie Oncologiche Integrate) che si prefigge gli stessi scopi: curare ed informare. In campo medico ed ancora di più in campo oncologico nessuno può dire di avere in mano la soluzione miracolosa, ma proprio per questo motivo qualsiasi apporto sia esso farmacologico che di metodologia, dovrebbe essere valutato. È però necessaria la sua validazione scientifica.

L’oncologia integrata ha conoscenze multidisciplinari ed è una medicina basata sulle evidenze scientifiche (Evidence Base Medicine), integra il percorso convenzionale con il complemento di sostanze naturali, agopuntura, omeopatia, medicina tradizionale cinese, ipertermia e altro, allo scopo di intensificare l’efficacia del trattamento in atto e migliorare il controllo dei sintomi e ridurre la sofferenza.

È spesso costruita a misura di paziente. Considerando per esempio la medicina tradizionale cinese, esistono molecole di estrazione naturale, fitoterapica e non solo, per trattare la neoplasia. Ne sono esempi la lactoferrina, la polidatina, la curcumina, il vischio, l’epigallocatechina gallato solo per citarne alcuni. La lactoferrina molto studiata in Giappone, non solo è capace di ridurre la diffusione metastatica, ma riduce la capacità di trasformazione neoplastica delle cellule del distretto gastroenterico. Le sostanze naturali sopra citate hanno azione sulle cellule neoplastiche analoga alla gemcitabina o al taxolo. Quest’ultimo ricordiamolo è una molecola sintetica ma proveniente da un estratto derivato da una pianta, il taxus brevifolia. Sono presenti numerosi studi scientifici che parlano di interazione sinergica di questi farmaci naturali con i farmaci antiblastici o con farmaci biologici. Non è possibile perdere conoscenze che possono aiutare nella lotta contro una malattia così diffusa e spesso invalidante. È necessario riuscire a vedere nel lavoro e conoscenze altrui l’opportunità di trattare al meglio i pazienti. L’equipe multidisciplinare è il vantaggio. L’uso combinato di trattamenti antiblastici con le sostanze naturali è e deve essere approfondito per trovare definitivamente un modo univoco di lotta contro il cancro: l’integrazione. La ricerca in campo oncologico sta facendo molti passi avanti, non ultimo quello dell’individuazione, riconoscimento e trattamento specifico delle cellule neoplastiche circolanti e delle cellule staminali neoplastiche, fonte queste di diffusione metastatica. L’impegno primario di ogni oncologo è e deve essere quello di riuscire ad individuare e trattare ogni paziente con farmaci specifici, anche biologici e naturali, affinché non possano svilupparsi metastasi, cercando di personalizzare il trattamento.

La terapia oncologica integrata si propone come valido supporto per la conoscenza e la terapia per la lotta ai tumori.

In questa ottica la conoscenza di tutte le strategie terapeutiche ci devono far individuare quali sono quei centri in grado di dare una valutazione multidisciplinare che coinvolga sia il chirurgo che l’oncologo e/o il radioterapista come anche il patologo senza però dimenticarsi di avere in equipe anche il collega di medicina integrata che potrà consigliare al meglio come sostenere il paziente nei momenti difficili con le sue conoscenze su attività di integrazione.

In Italia esistono Centri di eccellenza per l’oncologia, meno frequenti sono quelli che possono fregiarsi della presenza di medici integrati. In Italia la situazione resta molto disomogenea nonostante nel corso degli ultimi anni siano state avviate molte iniziative pilota in questo ambito.

Il problema tumorale non è ancora risolto. La letteratura recente permette di affermare che le medicine integrate trovano indicazione in varie fasi del percorso oncologico come la fase di diagnosi e stadiazione, nel percorso terapeutico durante chemio, radioterapia, terapia ormonale e immunoterapia, nel follow-up e anche nelle cure palliative.

Fondamentale inoltre è dare al paziente tutti gli strumenti per aiutarsi. In tutto ciò sarebbe auspicabile considerare la medicina integrata come parte integrante del percorso assistenziale, fosse non altro per una migliore qualità della vita. Il lavoro per dare conoscenza è solo all’inizio, ma la determinazione che contraddistingue tutti i soggetti che fanno integrazione porterà sicuramente ad avere sempre più strutture sanitarie in grado di dare i servizi integrati adeguati. A fronte di una scarsa presenza di tali attività in ambito nazionale è auspicabile che anche la medicina ufficiale riconosca il ruolo di tali terapie e ne garantisca una maggiore diffusione.

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