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Malattie croniche: la salute è la capacità di adattarsi

prof. Marcello Negri

La comprensione del concetto di stato di salute è alla base dell’organizzazione sanitaria di un Paese, ma anche della nostra Galeno di cui siamo utenti e gestori allo stesso tempo.

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Nel lontano 1948 il WHO definì  la salute “uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non solamente assenza di malattia o infermità”. Con il passare degli anni molti si sono chiesti: “chi di noi gode di un completo benessere?” e – inoltre – hanno constatato che  “l’assenza di malattia o infermità” non corrispondeva più all’attualità epidemiologica. Infatti, con il tempo si è reso evidente che mentre sessant’anni fa il problema centrale dell’uomo erano le malattie infettive, oggi lo sono le malattie croniche; queste ultime allora portavano rapidamente a morte, oggi accompagnano la vecchiaia di gran parte della popolazione.

Ma un vero dibattito scientifico è iniziato solo da sette anni: nel 2008 è comparso  il  primo chiaro articolo sull’argomento (Jadad et al. BMJ 2008, 343, d4163), al quale si è successivamente collegato un Editoriale del Lancet  (2009, 373, 781), e alla fine del 2009 si è tenuto un Congresso internazionale ad inviti a L’Aia (Olanda). Il recente contributo di M. Hubert et al. “Come dovremmo definire la salute?” (BMJ 2011, 343) è una puntuale messa a punto del problema e suggerisce una nuova ottica da cui guardare la salute dell’uomo. Gli autori da una parte si richiamano agli scienziati ecologisti che considerano la salute della terra come un complesso sistema capace di mantenere l’ambiente stabile dentro un range relativamente stretto; dall’altra riprendono le proposizioni scaturite dal precedente confronto congressuale avvenuto a L’Aia: la salute fisica intesa come l’ “allostasis” degli antichi greci, cioè la capacità di mantenere l’equilibrio tra le varie componenti del corpo, la salute mentale intesa come “coerenza”, cioè la capacità di confrontarsi con i disordini da stress e prevenirli, la salute sociale intesa come la capacità di gestire il proprio inserimento nella società mantenendo in equilibrio il bilancio opportunità-limitazioni.

Su queste basi, gli autori concludono che oggi dobbiamo riconsiderare il concetto di stato di salute e propongono di definirlo come la “capacità di adattarsi e di gestirsi”. Questa definizione comporta che la salute va vista come un insieme di aspetti dinamici e di dimensioni, alcune delle quali – tra l’altro – possono già da oggi essere misurate e quindi applicate nel campo dell’assicurazione della salute e della sicurezza sociale.