data pubblicazione: 10 ottobre 2022
di Riccardo Bugliosi
Quando parliamo di codice genetico utilizziamo sigle che ci risultano familiari (DNA, RNA, mRNA, RNAt etc.) ma i tempi che viviamo sono molto ‘dinamici’ e ci troviamo a dover aggiungere al nostro bagaglio una sigla che ancora non è universalmente conosciuta. Si tratta dell’eDNA (environmental DNA) o DNA ambientale.
L’ eDNA altro non è che il DNA che viene raccolto da campioni di materiale biologico e non (suolo, acqua, aria) provenienti dall’ambiente. Questo DNA è presente in detti campioni perché qualunque organismo vivente espelle o perde tracce del proprio DNA nell’ambiente circostante.
L’eDNA ha una grande varietà di utilizzi: ha permesso ad esempio di scoprire che una specie animale creduta estinta non lo fosse affatto. E’ il caso della rana brasiliana Phantasmarana (Megaelosia) Bocainensis che si riteneva scomparsa dal 1968 ma che invece è ancora esistente e la riprova è nel fatto che nel 2020, grazie a nuove tecnologie di rilevamento genico, sono state trovate tracce del suo DNA in campioni di eDNA.
Tali tecniche di studio dell’eDNA sono state utili anche nel caso del COVID 19.
Sebbene il genoma del coronavirus non sia costituito da DNA, ma da RNA i ricercatori hanno rapidamente ottimizzato le tecniche di estrazione per rilevare l’RNA del coronavirus nell’aria e nelle acque reflue umane.
In particolare i ricercatori dell’Università della Florida hanno raccolto campioni di aria in una stanza di ospedale ove erano ricoverati due pazienti con COVID 19. Utilizzando le tecniche di estrazione dell’eRNA su questi campioni sono stati in grado di isolare il virus Sars-Cov-2, noto agente eziologico del COVID-19, confermando in maniera inconfutabile l’aria come agente di trasmissione fondamentale di questa pandemia.
L’estrazione seriata nel tempo di eRNA dalle acque reflue di campioni provenienti dagli scarichi urbani ha permesso di datare con precisione le reali date di comparsa del COVID-19 in varie località del mondo.
Ricerca di nuovi farmaci
Uno delle più promettenti settori di ricerca per nuovi farmaci è quello che si rivolge cercare alle profondità oceaniche. L’eDNA delle loro creature marine può essere analizzato per permettere di identificare nuove molecole in grado di essere la base di farmaci utili in numerosi tipi di patologie. Per fare ciò sono in corso di sviluppo dei robot sottomarini autonomi che sono in grado di sequenziare l’eDNA in autonomia.
Questi laboratori genetici autonomi sono in grado di svolgere un lavoro imponente che altrimenti non sarebbe possibile in tempi accettabili dato che le sostanze chimiche prodotte dalle creature marine sono così diversificate e numerose da superare la capacità di sintesi delle comuni metodiche di chimica sperimentale. A questo link troverete un video relativo a queste ricerche.
Tra tutte le tossine naturali studiate con queste tecniche quelle prodotte dagli invertebrati marini sono particolarmente interessanti perché questi animali, incapaci di muoversi, ne hanno sviluppato un gran numero per difendersi.
Per ciò che riguarda i possibili farmaci scoperti il Dipartimento di Farmacologia Marina della Midwestern University pubblica una lista di farmaci di origine marina in sviluppo od approvati. Si tratta di composti che sono antitumorali, antivirali, antiinfiammatori ed antifungini.
Intelligenza Artificiale
Esistono diverse tecniche per l’analisi dei campioni di eDNA. Il DNA barcoding è un metodo di identificazione delle specie che utilizza la ricerca di specifiche sequenze di DNA a partire da uno o più geni specifici.
Ulteriore metodo è il Metabarcoding che consente di identificare simultaneamente tutte le specie presenti in un unico campione identificando specifiche sequenze correlabili a specifiche specie.
Queste tecniche sono molto complesse e laboriose e quindi ne consegue che l’utilizzo di strumenti di IA come il Machine Learning rappresenti un supporto essenziale per rendere fattibile l’elaborazione delle grandi quantità di informazioni presenti nei data set. Il Machine Learning (ML) è una branca dell’Intelligenza Artificiale (AI) che si occupa di creare sistemi capaci di apprendere ‘analizzando’ i dati a cui sono sottoposti. Gli algoritmi di ML sono al giorno d’oggi pressoché ubiquitari quando utilizziamo la banca online, nell’online shopping, quando interagiamo con gli assistenti vocali artificiali ( Alexa, Google Assistant, Siri, i vari Chatbot), quando siamo sui social network. Ovunque.
Esistono due tipi di ML: supervisionato e non supervisionato. Nel tipo supervisionato un esperto della materia da studiare suggerisce ed insegna all’algoritmo i risultati da generare a partire dai dati che vengono forniti. In un sistema di questo tipo quindi si conoscono preventivamente i risultati da raggiungere e quindi si trasferisce ‘conoscenza’. Nel tipo non supervisionato invece il computer impara a identificare processi e schemi complessi senza una supervisione umana. In questa maniera si ‘cerca’ una conoscenza che non è già acquisita. Questo approccio è molto utile per sapere se un set di dati ‘contiene’ informazioni che noi non conosciamo.
Per concludere constatiamo, come abbiamo visto nei miei precedenti articoli di questa rubrica, che l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale nella ricerca biomedica è in buona sostanza ‘strutturale’.
A presto
Per contattare l’autore potete scrivere una mail a: comunicazione@cassagaleno.it
*Riccardo Bugliosi è medico, specialista in Medicina Interna. Ha pregressi studi universitari in Fisica ed Ingegneria Elettronica. Esperto di Intelligenza Artificiale lavora nell’ICT. Le sue pubblicazioni sono facilmente reperibili sul web.