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Investimenti in ricerca e sviluppo e malattie neglette

prof. Marcello Negri 

Questa nota riguarda soprattutto le “malattie neglette” che affliggono quasi un miliardo e mezzo di persone, di solito tra le più povere, che abitano in aree tropicali. Si tratta in particolare di malattie infettive croniche che producono gravi danni alla salute, ma che vengono spesso trascurate dall’opinione pubblica e dai media in quanto non provocano subitanee morti e/o l’immediato pericolo di diffusione, come invece è avvenuto nel caso della recente epidemia di Ebola.

Per una migliore distribuzione dei fondi

imgresPer ottenere indicazioni al fine di convogliare gli investimenti pubblici in ricerca e sviluppo in campo sanitario là dove sono più necessari, nel 2012 gli Stati membri del WHO hanno stanziato un cospicuo fondo per promuovere studi in grado di fornire dati scientificamente attendibili.

Circa un anno dopo J. A. Røttingen et Al. (1) hanno riferito che nel 2009 la spesa globale per ricerca e sviluppo nel campo della sanità è stata nel mondo pari a 240 miliardi di dollari tra interventi pubblici e privati. 214 miliardi  sono confluiti nei Paesi ad alto reddito: di questi il 60% proveniva dalle aziende private, il 30% dal settore pubblico e il 10% da fondazioni, associazioni ecc. Nei Paesi “ricchi” le ricerche per le stesse malattie sono risultate in numero 7-8 volte superiore rispetto a quelle delle regioni con medio o basso reddito. Gli autori hanno evidenziato, inoltre, che solo l’1% dell’investimento totale ha riguardato le “malattie neglette”. In pratica, gli autori hanno messo in evidenza uno stato di disuguaglianza dal quale deriva che è necessario procedere ad un migliore coordinamento delle risorse e indirizzarle – mediante un approccio globale al problema – verso malattie e regioni dove risulta documentata la richiesta. Per una ottimale definizione delle diverse situazioni, hanno indicato tre parametri di giudizio: l’entità globale degli investimenti in ricerca e sviluppo effettuati, i procedimenti adottati nei singoli Paesi quali i trials clinici, e la produzione di pubblicazioni scientifiche.

Un’importante ricerca

In questa ottica, C. A. Emdin et Al. (2) hanno preso in considerazione i trials randomizzati e li hanno confrontati  con il “peso” totale delle malattie espresso soprattutto da morbosità e mortalità (gli studi clinici randomizzati rappresentano l’applicazione principe dei concetti fondanti della Medicina Basata sull’Evidenza). Nello studio sono stati inclusi 1097 trials condotti nel 2012 e 239 malattie e danni alla salute in generale, una casistica molto più ampia di quelle presenti in letteratura. Mentre le precedenti ricerche (in realtà troppo settoriali) rilevavano minori investimenti nelle aree più povere e in esse una moderata associazione tra numero dei trials e reddito, gli autori – in base anche ad una più approfondita analisi statistica – hanno riscontrato che la massima parte delle variazioni nella produzione di trials non trova spiegazione nel “peso” delle malattie né nell’essere le aree in esame ad alto o a basso reddito e che nelle aree a basso reddito l’associazione tra entità dei trials e bisogno di salute risulta debole. Gli autori concludono che sono necessari ulteriori approfondimenti.

Per una impostazione diversa

A giudizio di scrive, probabilmente, è necessaria una impostazione diversa del problema che si basi, piuttosto, su quell’1% della totalità degli investimenti che attualmente affluisce nel “terzo mondo” per le malattie neglette: si tratta di una cifra che richiede sia di essere aumentata cospicuamente sia l’istituzione di un coordinamento in loco della spesa, il tutto con scelte rapide dettate dall’urgenza.

 

Bibliografia

1. J. A. Røttingen et Al.  Mapping of available health research and development data. Lancet 2013, 382, 9900, 1286.

2. C. A. Emdin et Al. Association between randomised trial evidence and global burden of disease: cross sectional study. BMJ 2015, 350, h117.

 

 

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