prof. Francesco Riva
L’emostasi è un processo fisiologico che previene o interrompe la perdita di sangue dallo spazio endovascolare ed è riparativo delle lesioni dei vasi sanguigni al fine di ripristinare la funzionalità dei tessuti lesi. L’endotelio vasale è la parte più interna del vaso sanguigno, a diretto contatto con il sangue. L’interruzione della sua integrità è alla base dello scatenamento del processo emostatico tendente a ripararne la lesione.
La normale sequenza di eventi che conduce alla coagulazione prende dunque avvio da un trauma a carico del vaso, che va incontro a costrizione riflessa per ridurre il flusso ematico (fase vasomotoria). Le piastrine aderiscono alla matrice sottoendoteliale del vaso leso (fase piastrinica) e l’aggregazione piastrinica e la formazione del coagulo di fibrina iniziano simultaneamente. La fase più importante dell’emostasi è la formazione del coagulo di fibrina stabile che blocca definitivamente l’emorragia e prepara il campo per la rigenerazione tissutale e la ripresa del tessuto leso.
La fibrina, che àncora il trombo piastrinico emostatico, si forma dal fibrinogeno plasmatico solubile grazie all’azione della trombina, potente enzima proteasico. Il reticolo fibrinico è poi stabilizzato da legami crociati o ponti covalenti mediati dal Fattore XIII. La trombina si forma dal suo precursore inattivo (zimogeno) plasmatico, la protrombina, per azione del fattore X attivato (Xa) e del suo cofattore, il Fattore Va. A questa sequenza di reazioni viene classicamente dato il nome di “via comune” della coagulazione. A sua volta il Fattore X può essere attivato attraverso la via “estrinseca” (del fattore tissutale), oppure attraverso la via “intrinseca” (dell’attivazione da contatto). La prima via è avviata dal complesso del fattore tissutale con il Fattore VIIa. La seconda comporta una serie (o cascata) di reazioni zimogeno-proteasi che iniziano con l’attivazione da contatto del Fattore XII a XIIa (1).
Problemi nella fase di emostasi
Svariate condizioni possono interferire con i diversi aspetti dell’emostasi: la riduzione del numero e/o della funzionalità delle piastrine, le alterazioni della fase coagulativa come le coagulopatie congenite (emofilia, malattia di von Willebrand etc.), le coagulopatie acquisite secondarie a trattamenti farmacologici (eparina, steroidi, chemioterapia oncologica etc.) o a condizioni cliniche predisponenti o latenti (epatopatie, ipertensione portale, lupus erimatoso, linfomi, neoplasie, traumi), l’iperfibrinolisi.
Nella pratica chirurgica può profilarsi l’eventualità di dover risolvere un sanguinamento intraoperatorio. L’emorragia è infatti tra i maggiori responsabili della morbilità e mortalità operatoria e postoperatoria. In determinate situazioni, il controllo del sanguinamento intraoperatorio diventa particolarmente impegnativo, tanto più se coinvolge organi parenchimatosi (fegato, milza) o se la sede del sanguinamento è di difficile accesso, come in corso di chirurgia laparoscopica (2).
Le emorragie ed i sanguinamenti che si verificano in ambito chirurgico possono essere provocati da un qualsiasi difetto emostatico, ma generalmente sono imputabili ad una inefficace emostasi locale.
I procedimenti utilizzati routinariamente in chirurgia a scopo emostatico sono classificabili in:
1) chimici: alcol, cianocrilati e cellulose;
2) meccanici: compressioni, legature/suture, clips, staples, cellulose, bisturi, ultrasuoni e water-jet;
3) termici: laser, microonde, infrarossi, crioterapia e radiofrequenza.
Tuttavia, questi sistemi potrebbero non essere sufficienti per ottenere una buona emostasi provocando, al tempo stesso, danni tissutali. La ricerca di materiali che accelerino l’emostasi a livello dei tessuti lesi, in corso di intervento chirurgico, può, a tal proposito, rappresentare un efficace rimedio per limitare le perdite ematiche perioperatorie e, di conseguenza, ridurre la morbilità indotta dall’accumulo di sangue o di altri fluidi nei tessuti limitrofi.
I biomateriali
I biomateriali rappresentano oggi la risposta a questa problematica. Essi infatti riparano i tessuti lesionati e contemporaneamente arrestano il sanguinamento.
La ricerca di collanti naturali che imitassero i processi fisiologici dell’emostasi, in caso di lesioni tissutali, ha sempre affascinato e stimolato i ricercatori nel corso dei secoli. Nel 1905 Morowitz aveva dimostrato che il meccanismo fondamentale della coagulazione è rappresentato dalla trasformazione del fibrinogeno in fibrina ad opera della trombina; ma fu solo negli anni ’40, grazie agli studi sperimentali di Young e Medawar sull’uso della fibrina, del fibrinogeno e della trombina per l’ anastomosi di nervi periferici e il fissaggio di innesti cutanei in alternativa alla sutura, che le proprietà collanti della fibrina vennero puntualizzate (2-3).
La scoperta del fattore XIII di stabilizzazione della coagulazione (Laki e Lorand 1948) ed il suo isolamento da parte di Loewy nel 1961 diedero nuovo impulso all’idea di utilizzare il fibrinogeno quale collante naturale. Trascorse tuttavia un’altro decennio prima che venisse realizzata una colla di fibrina umana trattata con moderni mezzi di crioprecipitazione e liofilizzazione e di vederla utilizzare con successo da Matras e Kudema per la sutura di nervi periferici prima su animali da esperimento (1972) e poi sull’uomo (1975).
In quello stesso periodo venivano sintetizzati nuovi materiali definiti cianoacrilati dal notevole potere collante ma con il grave limite di essere poco elastici, non riassorbibili se non addirittura istotossici; pertanto furono quasi subito abbandonati (2-3).
La colla di fibrina, invece, ha visto ampliarsi nel tempo il campo delle sue applicazioni in virtù dei fondamentali requisiti di totale biocompatibilità e di atossicità (4). Per biocompatibilità si intende la capacità di un biomateriale di interagire favorevolmente con il tessuto con cui viene a contatto. Oltre a valutare la biocompatibilità, è necessario stabilire la resistenza del materiale al processo di degradazione, gli effetti che esso ha sui tessuti, la sicurezza biologica, le caratteristiche chimico-fisiche e le proprietà meccaniche, nonchè la sterilità, l’assenza di capacità immunogena e di reazioni da corpo estraneo.
I biomateriali possono essere di origine biologica (emoderivati come le colle di fibrina), naturale (collagene, osso, cute) o sintetica (polimeri di varie sostanze con composizione chimica e configurazione fisica differenti).
Attualmente i biomateriali vengono impiegati in chirurgia per sostituire i tessuti, farne aderire lembi e favorirne la cicatrizzazione, come sigillanti (il sigillante è utilizzato per prevenire la fuoriuscita di liquidi, gas o solidi; lo si può applicare sulle superfici tissutali asciutte o clampate per creare una barriera al flusso ematico) ed emostatici (un emostatico viene utilizzato per bloccare l’emorragia; lo si può applicare direttamente sul punto dell’emorragia ed agisce in presenza di sangue che scorre attivamente). I biomateriali, rispondendo alle caratteristiche basilari di bioriassorbimento, biodegradazione e biofunzionalità, una volta inseriti nell’organismo sono in grado di assolvere alla loro determinata funzione garantendo nello stesso tempo la naturale dissoluzione attraverso attività biologiche; ovviamente, differenti indicazioni orienteranno la scelta di specifici biomateriali con determinate caratteristiche (5).
Prima di esporre nei dettagli i mezzi di supporto farmacologico per l’emostasi chirurgica è opportuno esporre il concetto generale di questi prodotti. Essi sono costituiti da vari tipi di combinazione di agenti dotati delle seguenti azioni: materiale “collante”, destinato ad assicurare l’emostasi e a “sigillare” la breccia tissutale, materiale “di riempimento”, destinato ad occupare spazio: concettualmente si tratta di un effetto di “tamponamento”, materiale di “impalcatura” che ha lo scopo di solidarizzare il tessuto leso, mantenere il materiale collante a contatto con la ferita ed impedirne la dispersione, permettere la azione di “sigillo” della breccia tessutale, fornire uno “scheletro” per il processo di riparazione tessutale.
I Collanti/Adesivi sono utilizzati al fine di unire organi, strutture e tessuti. Il materiale “collante” comprende colle sintetiche e materiale di origine biologica; la colla biologicamente più efficace è la fibrina, prodotto finale della coagulazione del sangue. La fibrina è un mezzo eccellente per ottenere l’emostasi chirurgica in quanto ha una forte azione adesiva, un forte potere emostatico (=> formazione del coagulo), innesca la coagulazione endogena ed il suo uso sfrutta meccanismi del tutto fisiologici. Per funzionare, la fibrina deve formarsi in loco, e pertanto occorre somministrarne i precursori.. I Collanti/Adesivi sono disponibili in gocce o in spray e sono preparati miscelando i componenti o riscaldando le soluzioni congelate; la formulazione spray ha anche un buon effetto sigillante (6-7-8).
Il Materiale di “riempimento” è formato da polisaccaridi, quali cellulosa o simili, che “riempiono” il difetto tessutale in cui avviene il sanguinamento e svolgono anche una (debole) azione di stimolo alla coagulazione.
Il Materiale “di impalcatura” per eccellenza è costituito dal collagene, di solito sotto forma di spugne. Il collagene è la proteina più importante del tessuto connettivo ed una delle proteine più abbondanti dell’organismo: forma circa 30% della massa proteica totale. Il collagene è secreto dai fibroblasti ed ha nell’organismo proprio una funzione di “sostegno”: è pertanto ideale come “impalcatura”. Il collagene inoltre è fortemente pro-emostatico in quanto attiva direttamente le piastrine, che vi aderiscono e si aggregano fra di loro.
Formulazioni farmacologiche in commercio
Dopo questa premessa di carattere generale riteniamo opportuno parlare delle diverse formulazioni farmacologiche in commercio; distinguiamo due categorie di prodotti, classificati dalla legislazione sanitaria in dispositivi medici e specialità medicinali. Si definisce dispositivo medico qualsiasi strumento, apparecchio, impianto, sostanza o altro prodotto utilizzato nell’uomo da solo o in combinazione e dotato di software informatico, fornito dal fabbricante, per il corretto funzionamento. La specialità medicinale è invece un vero e proprio farmaco.
Tra i dispositivi medici più utilizzati troviamo :
FLOSEAL®
COSEAL®
TISSUFLEECE®
GENTAFLEECE®
Tra specialità medicinali la più utilizzate e diffusa è:
TISSUCOL®
I dispositivi medici comprendono un gruppo molto eterogeneo di prodotti costituiti sia da sostanze di origine animale che sintetiche. Il Floseal® che contiene trombina e gelatina di origine bovina, è indicato per il controllo del sanguinamento in chirurgia maggiore; esso ha effetto adesivo solo in presenza di sangue e si conserva a temperatura ambiente per 12 mesi. Il Coseal® è un dispositivo costituito da due polimeri sintetici di polietilene glicosile (PEG), ha una forte azione sigillante e viene utilizzato prevalentemente in chirurgia vascolare. Il Tissufleece® è una spugna di collagene con effetto emostatico ma non ha proprietà adesive; con l’aggiunta di gentamicina dà vita al Gentafleece®.
Le più comuni applicazioni cliniche della colla di fibrina sono nel campo della neurochirurgia (9) e della chirurgia toracica e cardiovascolare (10-11). Importanti risultati sono inoltre stati ottenuti nel campo della chirurgia addominale in particolare quella epatica (12-13) e grazie all’utilizzo di kit dedicati, anche in quello della chirurgia laparoscopica (14-15). La letteratura riporta inoltre applicazioni specifiche come la funzione sigillante nella confezione di anastomosi digestive a rischio di deiscenza o il trattamento di fistole, eseguito con colla di fibrina ed antibiotico. L’utilizzo per via endoscopica è recente e riguarda il controllo del sanguinamento digestivo alto.
BIBLIOGRAFIA
1. Flier J.S., Underhill L.H. Molecular and cellular biology of blood coagulation. New Engl. J. Med. 326: 800-806,1992.
2. Cirino E. etc “L’impiego del Tissucol in laparoscopia Urg.chir.comm. 1986.:9:35
3. Pratesi C. etc “Vantaggi e limiti del tissucol in chirurgia vascolare” Atti conv. Multid. Tissucol Nov. 1983.
4. Petter-Puchner AH, Froetscher W, Krametter-Froetscher R et al. The long-term neurocompatibility of human fibrin sealant and equine collagen as biomatrices in experimental spinal cord injury. Exp Toxicol Pathol. 2007 Jan;58(4):237-45.
5. Sierra DH. Fibrin sealant adhesive systems: a review of their chemistry, material properties and clinical applications. J Biomater Appl. 1993 Apr;7(4):309-52.
6. Lee MG, Jones D. Applications of fibrin sealant in surgery. Surg Innov. 2005 Sep;12(3):203-13.
7. Jackson MR. Fibrin sealants in surgical practice: An overview. Am J Surg. 2001 Aug;182(2 Suppl):1S-7S.
8. Spotnitz WD, Prabhu R. Fibrin sealant tissue adhesive–review and update. J Long Term Eff Med Implants. 2005;15(3):245-70.
9. Mino Y, Hirashima Y, Hamada H et al. Effect of arachnoid plasty using fibrin glue membrane after clipping of ruptured aneurysm on the occurrence of complications and outcome in the elderly patients. Acta Neurochir (Wien). 2006 Jun;148(6):627-31
10. Raanani E, Georghiou GP, Kogan A et al. BioGlue’ for the repair of aortic insufficiency in acute aortic dissection. J Heart Valve Dis. 2004 Sep;13(5):734-7.
11. Wan S, Arifi AA, Chan MC et al. Differential, time-dependent effects of perivenous application of fibrin glue on medial thickening in porcine saphenous vein grafts. Eur J Cardiothorac Surg. 2006 May;29(5):742-6.
12. Gutierrez San Roman C, Barrios JE, Lluna J et al. Long term assessment of the treatment of recurrent tracheoesophageal fistula with fibrin glue associated with diathermy. J Pediatr Surg. 2006 Nov;41(11):1870-3
13. Eder F, Meyer F, Nestler G et al. Sealing of the hepatic resection area using fibrin glue reduces significant amount of postoperative drain fluid. World J Gastroenterol. 2005 Oct 14;11(38):5984-7.
14. Lovisetto F, Zonta S, Rota E et al. Use of human fibrin glue (Tissucol) versus staples for mesh fixation in laparoscopic transabdominal preperitoneal hernioplasty: a prospective, randomized study. Ann Surg. 2007 Feb;245(2):222-3
15. Olmi S, Scaini A, Erba L et al. Use of fibrin glue (Tissucol) in laparoscopic repair of abdominal wall defects: preliminary experience. Surg Endosc. 2007 Mar;21(3):409-13. Epub 2006 Dec 20.