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Terapia dell’epatite C: luci e ombre

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prof. Marcello Negri

Parliamo di epatite c dato che l’infezione da HCV è certamente uno dei più gravi problemi di sanità pubblica: 170 milioni di infettati nel mondo con un ritmo di 3-4 milioni l’anno. Solo in una minoranza di casi il virus scompare, nella maggior parte l’infezione progredisce e cronicizza con il rischio di cirrosi e/o cancro e insufficienza epatica. In occidente, l’infezione da HCV è responsabile di un numero di morti superiore a quello per HIV ed è la principale causa di trapianto del fegato.

Dai primi due alla seconda generazione di DAAs

La terapia ha risentito molto della molteplicità di genotipi e sottotipi del virus e del genotipo dell’ospite. In passato, i migliori risultati – guarigione nel 20% dei pazienti – sono stati ottenuti con l’associazione interferone + ribavirina, sulla quale hanno gravato la somministrazione parenterale, la durata del trattamento e gli effetti collaterali. Nel 2011 sono comparsi i primi due DAAs, Direct Acting Antivirals, inibitori selettivi di HCV, che interrompono la replicazione del virus e l’infezione agendo sulle proteine virali, proteasi, polimerasi nucleosidiche e non nucleosidiche e NS5A. Successivamente alcuni DAAs di seconda generazione sono stati utilizzati in associazione con ribavirina con/senza interferone: i trials hanno dimostrato la loro notevole utilità e, fatto molto importante, che si può evitare l’uso dell’interferone; più recentemente, è stato anche dimostrato che la somministrazione dei soli DAAs in doppia o tripla combinazione è seguita da ottimi risultati

Alla ricerca del perfetto DAAs

G. J. Dore e J. J. Feld (Clin Infect Dis 2015, Mar 11. pit civ197) sono molto ottimisti sul destino dei DAAs (nel titolo compare “…alla ricerca del perfetto DAAs”!) dei quali considerano fondamentali la somministrazione per via orale e per un periodo breve, la buona tollerabilità, la copertura per tutti i genotipi e il fatto che con essi l’eradicazione di HCV supera il  90% dei casi. Secondo gli autori è necessario rimuovere gli ultimi ostacoli: la scarsa conoscenza della storia naturale della malattia, l’alto prezzo dei farmaci e lo scarso numero di screening diagnostici.

Per superare quest’ultimo impedimento, proprio sulla scia dei successi della terapia con i DAAs, negli USA è stato lanciato uno screening di massa per la diagnosi precoce di epatite C riguardante i nati nel periodo 1965-1985 (60 milioni!) tra i quali si trovano i ¾ degli infettati da HCV. Tuttavia, R. Koretz  (BMJ 2015, 350, 7809) ritiene che uno screening di massa di tali proporzioni non sia giustificato adducendo una serie di dubbi sui nuovi farmaci: la malattia virale può risolversi spontaneamente, è incerta la frequenza delle complicanze, i trials clinici sono stati troppo brevi per garantire la completa guarigione ed escludere il possibile insorgere di effetti collaterali o di resistenza. Questa posizione è stata rafforzata da un editoriale sullo stesso numero della rivista..

Tra gli altri, la notevole efficacia dei DAAs viene confermata anche da M. M. Vestergen et Al. (Adv Exp Med Biol 2015 848:1-29) che, tuttavia, guardano al futuro, alla ricerca nel campo della genetica (HCV ha un singolo filamento di RNA): con le tecniche Small RNA (la piccola molecola di RNA partecipa alla maturazione di RNA messaggero), soprattutto quelle RNA interferente e antisenso, è possibile investigare i fattori che regolano la replicazione di HCV e l’infezione e, quindi, sviluppare una terapia genica.

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