L'UNICA CASSA MUTUA COOPERATIVA
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Il welfare spiegato al medico-L’impegno di Galeno (8° parte)

Previdenza complementare: quali i benefici?

Quali sono i vantaggi fiscali

Aderendo alla previdenza complementare si beneficia di una tassazione favorevole:

  • contribuzione: è possibile dedurre dal proprio reddito complessivo i contributi versati fino al limite di 5.164,57 euro all’anno. Tale importo comprende l’eventuale contributo del datore di lavoro e i versamenti effettuatu a favore dei soggetti fiscalmente a proprio carico; è esclusa la quota del TFR. L’agevolazione fa diminuire l’imposta che occorre pagare in base al reddit
  • rendimenti: sono tassati al 20% rispetto al 26% che si applica alla maggior parte delle forme di risparmio finanziario (Legge di stabilità 2015). La tassazione dei redditi di alcuni titoli detenuti dalle forme pensionistiche complementari, come ad esempio i titoli di Stato, è comunque fissata al 12,5
  • pagamento della pensione complementare: la tassazione è particolarmente favorevole. L’aliquota si riduce al crescere degli anni di partecipazione alla previdenza complementare. In particolare, per i primi 15 anni l’aliquota è pari al 15%; dal sedicesimo anno si riduce di 0,30 punti percentuali per ogni anno di partecipazione, fino al limite massimo di 6 punti percentuali. Con almeno 35 anni di partecipazione l’aliquota scende quindi al 9%. Non tutta la rendita che si viene pagata è tassata, ma soltanto quella parte corrispondente ai contributi dedotti durante il periodo di partecipazione.

Chi vigila sulle forme pensionistiche complementari

Il sistema della previdenza complementare si fonda su un insieme di regole finalizzate alla tutela del risparmio previdenziale. Per assicurarne il buon funzionamento il Legislatore ha istituito una specifica Autorità di vigilanza: la COVIP – Commissione di vigilanza sui fondi pensione – con lo scopo di perseguire la trasparenza e la correttezza dei comportamenti e la sana e prudente gestione delle forme pensionistiche complementari a tutela degli iscritti e dei beneficiari. La COVIP può, inoltre, formulare proposte di modifiche legislative in materia di previdenza complementare; cura anche la raccolta e la diffusione delle informazioni utili alla conoscenza dei problemi previdenziali e del settore. È inserita negli organismi internazionali (Unione Europea e OCSE) nei quali operano le Autorità dei paesi membri relativamente ai temi della previdenza complementare. Per ricevere informazioni e chiarimenti sulla normativa è possibile visitare il sito istituzionale www.covip.it e contattare anche per e-mail l’Ufficio relazioni con il pubblico all’indirizzo urp@covip.

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Il welfare spiegato al medico – L’impegno di Galeno (5° parte)

Cosa fare del tuo TFR

welfareSe si è un lavoratore dipendente del settore privato che entra per la prima volta nel mercato del lavoro, si è chiamati a decidere cosa fare del proprio trattamento di fine rapporto (TFR) entro sei mesi dall’assunzione. Si può scegliere di:

 – destinare in via definitiva a una forma pensionistica complementare le quote del TFR ancora da maturare

 – lasciare il TFR presso il datore di lavoro. Si può decidere anche in un secondo momento di destinare alla previdenza complementare il proprio TFR futuro; quello maturato fino a quel momento resta accantonato presso il datore di lavoro e sarà liquidato alla fine del rapporto di lavoro

 – se non si esprime alcuna scelta in modo esplicito, il proprio TFR confluisce automaticamente nel fondo pensione (negoziale, aperto o preesistente) previsto dal contratto di lavoro ovvero, se il contratto individua più fondi, in quello al quale è iscritto il maggior numero di dipendenti della azienda in cui si lavora (cosiddetto “conferimento tacito”); se non c’è un fondo di riferimento, il  TFR viene versato a Fondinps, la forma pensionistica complementare appositamente costituita presso l’INPS. Anche se si è già da diversi anni un lavoratore dipendente del settore privato e si è mantenuto il TFR in azienda, è possibile in ogni momento decidere di destinare alla previdenza complementare le quote di TFR che si maturano successivamente alla scelta. Se si è un dipendente pubblico al quale si applica il regime del TFR si può scegliere di destinare il TFR alla previdenza complementare solo se esiste un fondo pensione di riferimento per la propria categoria. La Legge di stabilità per il 2015 ha introdotto una ulteriore possibilità:

  • se si è un lavoratore dipendente del settore privato, con un’anzianità lavorativa di almeno sei mesi presso la stessa azienda, è possibile farsi liquidare mensilmente in busta paga le quote di TFR maturando. L’opzione è temporanea e vale per il periodo marzo 2015 – giugno 2018. In questo arco di tempo si può compiere la scelta in qualsiasi momento, ma una volta attuata è irrevocabile fino al 30 giugno 2018. Si può compiere questa scelta anche se si è deciso di destinare il TFR alla previdenza complementare. Si tenga presente tuttavia che la liquidazione del TFR in busta paga riduce le risorse accantonabili per il pensionamento e comporta la perdita dei vantaggi fiscali propri della previdenza complementare, andando a confluire nel reddito soggetto alla tassazione IRPEF.

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Il welfare spiegato al medico – L’impegno di Galeno (4° parte)

welfareCome funziona

Nel nostro Paese la previdenza complementare è affidata a un sistema di forme pensionistiche dedicate a raccogliere il risparmio previdenziale grazie al quale, al termine della propria vita lavorativa, si può beneficiare di una pensione complementare. La previdenza complementare si basa sul cosiddetto regime della contribuzione definita; pertanto, la somma che si è accumulata per la pensione, cioè la propria posizione individuale, dipende:

• dall’importo dei contributi versati alla forma pensionistica complementare

• dalla durata del periodo di versamento (più anni = più contributi)

• dai rendimenti ottenuti, al netto dei costi, con l’investimento sui mercati finanziari dei contributi versati

Pertanto se si è un lavoratore dipendente la posizione individuale si formerà così:

  • il proprio contributo e il trattamento di fine rapporto (TFR)
  • il contributo del datore di lavoro
  • il rendimenti dell’investimento

Perciò al momento del pensionamento la posizione individuale viene trasformata in una rendita che costituisce la  pensione complementare.

Quali sono le forme pensionistiche complementari

Fondi pensione negoziali: sono forme pensionistiche complementari istituite dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale. A questa tipologia appartengono anche i fondi pensione cosiddetti territoriali, istituiti cioè in base ad accordi tra datori di lavoro e lavoratori appartenenti a un determinato territorio o area geografica.

Fondi pensione aperti: sono forme pensionistiche complementari istituite da banche, imprese di assicurazione, società di gestione del risparmio (SGR) e società di intermediazione mobiliare (SIM).

Piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP): sono forme pensionistiche complementari istituite dalle imprese di assicurazione.

Fondi pensione preesistenti: sono forme pensionistiche così chiamate perché risultavano già istituite prima del Decreto Legislativo 124 del 1993 che ha disciplinato la previdenza complementare per la prima volta.

Chi può aderire

La partecipazione alla previdenza complementare è una scelta libera e volontaria ed è destinata in particolare al mondo del lavoro.

 Puoi aderire alle forme pensionistiche complementari se sei:

  • un lavoratore dipendente
  • un lavoratore autonomo o un libero professionista
  • un lavoratore con un’altra tipologia di contratto (ad esempio un lavoratore a progetto occasionale)

È possibile comunque aderire anche se non si svolge un’attività lavorativa o se si è una persona fiscalmente a carico di un proprio familiare che già aderisce a una forma pensionistica complementare.

Le possibilità di adesione

Aderire alla previdenza complementare non è complicato in quanto il sistema è organizzato in maniera tale che il proprio percorso venga facilitato in relazione alla condizione lavorativa.

Sei un lavoratore dipendente?

È possibile aderire con un’adesione collettiva se il proprio contratto di lavoro rende possibile l’iscrizione a un fondo pensione (negoziale, aperto o preesistente) di riferimento per il proprio settore, per la azienda o anche per la regione. Si può anche aderire con un’adesione individuale a un fondo pensione aperto o a un PIP se il contratto di lavoro non prevede la possibilità di iscrizione a un fondo pensione di riferimento oppure se si decide di iscriversi a una forma pensionistica complementare diversa da quella prevista dal contratto di lavoro. Se si è un lavoratore dipendente ed è possibile iscriversi tramite un’adesione collettiva versando il contributo previsto dal contratto, il proprio datore di lavoro è obbligato a versare a sua volta un contributo alla forma pensionistica complementare alla quale si è aderito. Ciò consente di aumentare i propri versamenti e, a parità di altre condizioni, di ottenere una pensione complementare più alta.

Sei un lavoratore autonomo o un libero professionista?

È possibile aderire con un’adesione individuale a un fondo pensione aperto o a un PIP. Se la propria associazione di categoria o l’ordine professionale ha previsto un fondo pensione di riferimento (negoziale, aperto o preesistente), si può anche aderire con un’adesione collettiva.

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