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Terapia con cellule staminali per il diabete e l’Intelligenza Artificiale

data pubblicazione: 16 dicembre 2022

di Riccardo Bugliosi

Il diabete è una patologia molto antica: il primo documento conosciuto in cui se ne fa cenno è il papiro di Ebers, pubblicato nel 1875 dall’omonimo archeologo tedesco.

Redatto nell’antico Egitto all’incirca nel 1550 a.C. durante il regno del faraone Amenhotep I, è lungo 20 metri ed è stato scoperto nella necropoli di Tebe.

È un trattato di medicina nel quale viene menzionata una condizione (non sappiamo se gli antichi egizi la considerassero una patologia a sé stante) caratterizzata principalmente da poliuria, sete eccessiva ed altri sintomi che difficilmente fanno pensare potesse trattarsi di un’altra patologia. Da allora, sino alla scoperta dell’insulina, una terapia efficace del diabete non è esistita.

La prognosi è sempre stata infausta: nel 1909, secondo uno studio della George Baker Clinic di Boston USA, l’aspettativa di vita media al momento della diagnosi era di 4,1 anni.

reperto egizio

Particolare del papiro di Erbes

L’insulina

La svolta avviene con la scoperta dell’insulina che risale a 100 anni fa e che ha trasformato il diabete di tipo 1 da una malattia mortale a una malattia cronica. Non si trattava però di una cura. Le difficili sfide rappresentate dalla qualità della vita e dalle complicanze a lungo termine rimangono una costante per i pazienti affetti da diabete di tipo 1 e questo a prescindere dall’impegno che profondono nel gestire la malattia.

La scoperta

Nei primi due decenni del XX secolo numerosi ricercatori furono in grado di preparare estratti di pancreas che frequentemente si dimostrarono in grado di abbassare la glicemia e di ridurre la glicosuria negli animali da esperimento. Questi estratti però non erano utilizzabili sull’uomo in quanto contenevano impurità e producevano reazioni tossiche nell’organismo. La svolta avviene nel 1921 con la scoperta dell’insulina fatta da due medici canadesi, Frederick Grant Banting e Charles Herbert Best.

scienziati che hanno scoperto l'insulina

C.H. Best e F.G. Banting | ca. 1924

La storia di questa scoperta è purtroppo caratterizzata da numerose controversie e coinvolge anche un’errata attribuzione del premio Nobel, assegnato infatti solo al primo dei due medici.

Un anno dopo la sua scoperta l’ormone fu iniettato per la prima volta in un giovane paziente di 14 anni fortemente diabetico e con scarse possibilità di vita. Fu uno straordinario successo.

Nei decenni successivi furono sviluppate diverse varietà di insulina, tutte di origine estrattiva animale, con durata d’azione rapida o lenta. In questo modo da allora è stato possibile coprire le necessità di insulina nei diabetici in tutto l’arco delle 24 ore. La prognosi di questi pazienti non era più solo infausta. A partire dal 1978 si è stati in grado di produrre l’insulina umana per via sintetica e ciò ha consentito, tra l’altro, di eliminare le possibili reazioni allergiche.

Diabete mellito

Il diabete mellito di tipo 1 (DMT1), detto anche giovanile o insulino-dipendente, è una conseguenza della distruzione autoimmune delle cellule delle isole pancreatiche produttrici di insulina: ciò porta alla perdita della produzione di questo ormone e alla conseguente compromissione del controllo della glicemia.

La mancanza di insulina porta quindi ad anomalie nel modo in cui l’organismo elabora i nutrienti e ad elevati livelli di glucosio nel sangue. Gli alti livelli glicemici possono condurre sia alla chetoacidosi diabetica sia, con il passare del tempo, a gravi e ben note complicanze che coinvolgono i reni, gli occhi, il cuore, il sistema cerebro vascolare e quello nervoso periferico. Il DMT1 rappresenta circa il 10% dei casi di diabete in Europa e Nord America ed allo stato attuale i suoi fattori di rischio sono praticamente sconosciuti.

Assieme alla predisposizione genetica essi porterebbero allo scatenarsi della reazione autoimmunitaria. Al riguardo, tra le tante ipotesi, si sospetta il possibile ruolo svolto da infezioni virali, alterazioni del microbiota e caratteristiche dell’alimentazione. Esiste anche un possibile fattore geografico. Come evidenzia l’esempio della Finlandia, più ci si allontana dall’equatore più l’incidenza della patologia aumenta. In Italia è invece presente un’area con una delle incidenze più alte al mondo: la Sardegna.

Il diabete è in continua crescita in tutto il mondo, sia nei Paesi sviluppati (Europa, Nord America e Australia) sia, soprattutto, in quelli emergenti o in via di sviluppo (Africa, Asia e Sud America).

Diabete e COVID-19

Sono stati condotti recentemente degli studi nel Regno Unito, negli Stati Uniti e in Germania che hanno evidenziato un possibile ruolo dell’infezione da virus Sars-Cov-2 in relazione al diabete:

L’infezione da SARS-CoV-2 è associata al peggioramento dei sintomi del diabete e le persone con diabete sono a maggior rischio di COVID-19 grave. L’infezione da SARS-CoV-2 potrebbe anche indurre il diabete di nuova diagnosi.

Terapie con cellule staminali

Le terapie cellulari per il trattamento del diabete sono un campo di studio in grande evoluzione e a tal fine sono fondamentali le cellule staminali. Queste ultime sono essenziali per il nostro organismo essendo le progenitrici di tutte le cellule differenziate che lo compongono. Esse sono inoltre alla base delle capacità rigenerative e di crescita dei nostri organi.

L’obiettivo delle nuove terapie è quello di rendere disponibili fonti illimitate di cellule che siano da un lato produttrici di insulina e dall’altro universalmente compatibili: questo rappresenterebbe un’alternativa ai trapianti da parte di donatori di isole pancreatiche o di pancreas in toto che sono afflitti da problemi di risposta immunitaria.

Le cellule staminali umane pluripotenti, quelle cioè capaci di differenziarsi in numerosi tipi di cellule, sono le migliori candidate per la produzione di cellule beta in quanto hanno un potenziale illimitato di divisione e differenziazione. Numerosi laboratori hanno sviluppato protocolli per la differenziazione delle cellule pluripotenti in cellule beta e un grande sforzo negli ultimi anni si è concentrato sullo sviluppo di prodotti cellulari con un buon profilo di sicurezza (capacità di non generare tumori) che ne consente l’applicazione clinica. Occorre ricordare però che uno dei problemi maggiori che incontra questa medicina rigenerativa consiste nell’impossibilità di trapiantare le cellule senza dover somministrare in aggiunta una terapia immunosoppressiva.

La risposta immunitaria

Per cercare di capire i complessi meccanismi della risposta immunitaria dobbiamo ricordare che ogni cellula del nostro organismo presenta sulla propria superficie una serie di proteine, denominate ‘Complesso Maggiore di Istocompatibilità’ (Major Histocompatibily Complex, MHC), che sono esclusive per ciascun individuo. Esse esprimono un codice univoco che viene identificato dal sistema immunitario: se viene riconosciuto come ‘estraneo’ si attiva la risposta di aggressione che le rigetta. Questo meccanismo, molto vigoroso nel caso di trapianti d’organo, è per fortuna in qualche modo eludibile se i nuovi tessuti sono prodotti da cellule staminali pluripotenti.

Il complesso problema del diabete di tipo 1

Fino al 2006 si credeva che le cellule staminali embrionali fossero l’unica fonte di cellule pluripotenti ma in quell’anno fu dimostrato che le cellule differenziate possono essere riprogrammate in cellule pluripotenti “indotte” (Induced Pluripotent Stem Cell, iPSC). Le iPSC possono teoricamente essere trasformate in tutte le cellule e tessuti del nostro organismo e generalmente producono un MHC che non attiva la risposta del sistema immunitario.

Nel caso del diabete di tipo 1 si genera però un problema: le iPSC non possono essere utilizzate. Esse infatti esprimono un MHC al quale il sistema immunitario del malato reagisce in quanto ha un difetto di riconoscimento del ‘self’ che è proprio alla base della patologia.

Questo ulteriore ostacolo è stato affrontato con diversi approcci. Tra le varie strategie, la più promettente risiede nella possibilità di cancellare in toto l’MHC sulla superficie delle cellule.

Purtroppo però, nel caso del diabete, l’assenza dell’MHC rappresenta un ulteriore ostacolo in quanto può costituire un segnale di allarme per il sistema immunitario che scatena la risposta mediata questa volta dalle cellule Natural Killer (NK) che, una volta attivate, sono in grado di aggredire le cellule che non esprimono l’MHC. Le Natural Killer sono linfociti e costituiscono un apparato di difesa molto antico che si è sviluppato nel corso dell’evoluzione. Sono coinvolte sia nell’immunità innata che in quella acquisita e sono fondamentali, tra le altre cose, per la capacità di aggredire le cellule tumorali e quelle infettate da virus.

La sperimentazione della terapia con cellule staminali nel diabete di tipo 1 va quindi nella direzione sia di inibire nelle cellule iPSC l’espressione del MHC sia di studiare i meccanismi di interazione con le cellule NK per evitare la loro attivazione.

Alcune delle terapie in corso di sperimentazione

Infusione di cellule insulari

A partire da studi dell’Harvard Stem Cell Institute (HSCI) è stato sviluppato il VX-880, una terapia sperimentale con cellule insulari allogeniche derivate da cellule staminali, completamente differenziate, produttrici di insulina. Questa terapia deve essere combinata con quella immunosoppressiva. Nel primo studio realizzato i pazienti sono stati trattati con una singola infusione di VX-880 a metà della dose target.

Comunicati nel giugno 2022, i risultati di una prima fase di sperimentazione clinica su due pazienti arruolati hanno evidenziato che il paziente 1 al giorno 270 dall’inizio della terapia è divenuto insulino-indipendente (da notare che l’individuo aveva vissuto per 40 anni con DMT1). Il paziente 2 al giorno 150 ha mostrato una riduzione del 30% nell’uso di insulina esogena.

Nel luglio 2022 la FDA (l’agenzia del farmaco statunitense) ha dato il via libera all’ampliamento dello studio che adesso coinvolgerà 17 soggetti affetti da DMT1 con grave ipoglicemia.

Dispositivi impiantati

È in corso di sperimentazione un dispositivo chiamato PEC-Direct, progettato per operare come sostituto del pancreas. Si tratta di un dispositivo sottocutaneo simile ad una sacca pensato per i pazienti con diabete di tipo 1 ad alto rischio. Esso comprende un sacchetto contenente cellule pancreatiche prodotte da cellule staminali che, una volta impiantate nel corpo, maturano in cellule produttrici di insulina. La speciale membrana del dispositivo consente ai vasi sanguigni di crescere e svilupparsi all’interno del dispositivo per alimentare le cellule. Tale vascolarizzazione ha lo scopo di consentire un attecchimento efficace e duraturo delle cellule impiantate. Anche in questo caso i pazienti debbono assumere farmaci immunosoppressori perché le cellule produttrici di insulina non sono ‘nascoste’ al sistema immunitario.

Un altro prodotto è il PEC-Encap. In questo caso la sacca è progettata per contenere completamente le cellule impiantate senza permettere lo sviluppo dei vasi sanguigni al suo interno. La membrana è permeabile a tutte le sostanze necessarie per la vita cellulare ma non espone queste ultime al sistema immunitario.

Il progetto PEC-QT consiste nella produzione di una linea di cellule staminali umane pluripotenti progettate per eludere il sistema immunitario. Le staminali vengono differenziate in cellule endodermiche pancreatiche e successivamente alloggiate nel dispositivo PEC-Direct che permette loro l’interazione con i vasi sanguigni. Questa terapia apre lo scenario per una cura efficace di prossima generazione per tutti i diabetici, di tipo 1 e di tipo 2 insulino-dipendenti.

A proposito degli studi sulle cellule iPSC, è stato di recente pubblicato uno studio dell’Istituto San Raffaele di Milano nel quale vengono descritte le attuali ricerche condotte nella direzione di rendere le cellule staminali ‘invisibili’ al sistema immunitario, in particolare alle Natural Killer.

Intelligenza Artificiale

In numerosi settori di ricerca nel campo delle cellule staminali e della medicina rigenerativa l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale (IA) ha apportato enormi benefici. Ciò è dovuto al fatto che in queste ricerche è fortemente sentita la necessità di elaborare una grande quantità e complessità di informazioni. Le tipologie di cellule con cui gli scienziati si debbono confrontare sono così numerose da creare grandi difficoltà nel costruire modelli predittivi del loro comportamento in un dato scenario terapeutico.

Qui l’IA fornisce vantaggi significativi che permettono un’ottimale determinazione della fattibilità, biosicurezza e bioefficacia delle cellule staminali e anche un’adeguata selezione dei pazienti. In ultima analisi, l’IA nella medicina rigenerativa concorre a renderla una vera e propria rivoluzione nel campo medico.

Un altro aspetto fondamentale è legato al fatto che l’Intelligenza Artificiale accelera l’utilizzo della medicina rigenerativa nella pratica clinica in quanto è preziosa nella creazione di modelli di simulazione del comportamento delle cellule in ambienti diversi, incluso quello umano. Un’altra applicazione è legata alla possibilità di utilizzarla per la stampa 3D di organi. Gli algoritmi di IA infatti possono essere sfruttati sia per identificare i migliori materiali per gli organi artificiali sia per progettarli.

A questo proposito, date le crescenti necessità di personale altamente qualificato, le stesse biotech sono impegnate nella formazione nel campo dell’IA e, per fare un esempio, la stessa società produttrice di VX-880 organizza dei corsi MBA (Master in Business Administration) di Intelligenza Artificiale.

Per concludere, in un plausibile futuro, attraverso sofisticate tecniche di bio-ingegnerizzazione, le cellule staminali embrionali potranno essere rese compatibili con il sistema immunitario dell’ospite. In questo modo i medici, dopo aver diagnosticato la patologia, avranno la possibilità di prelevare alcune cellule staminali dal paziente per poi coltivarle e quindi creare una specifica cura per il diabete insulino-dipendente.

A presto

dottor Riccardo Bugliosi

 Riccardo Bugliosi è medico, specialista in Medicina Interna. Ha pregressi studi universitari in Fisica ed Ingegneria Elettronica. Esperto di Intelligenza Artificiale lavora nell’ICT. Le sue pubblicazioni sono facilmente reperibili sul web.

Per contattare l’autore potete scrivere una mail a: comunicazione@cassagaleno.it