Attraverso il servizio Tandem i medici soci di Galeno possono ricevere assistenza legale qualificata. Condividiamo la questione posta da un anestestista del SSN sul tema dell’obiezione di coscienza
Un dirigente medico del Servizio Sanitario Nazionale, specialista in anestesiologia, mi ha comunicato di essere obiettore di coscienza e di aver inoltrato ai soggetti competenti la “dichiarazione dell’obiettore” di cui all’art. 9 della Legge 22.05.1978, n.194, condicio sine qua non per l’esercizio del proprio diritto all’obiezione di coscienza. Il medesimo sanitario mi ha altresì riferito come la struttura sanitaria di appartenenza gli abbia chiesto per le vie brevi (senza quindi alcuna evidenza scritta) di eseguire le visite anestesiologiche propedeutiche all’intervento di interruzione volontaria di gravidanza (I.V.G.).
Stante il succitato quadro fattuale, il professionista mi ha chiesto chiarimenti circa la possibilità o meno di astenersi dal porre in essere attività finalizzate all’intervento di I.V.G.
La risoluzione del quesito ha postulato l’analisi della disciplina concernente l’obiezione di coscienza in materia di interruzione volontaria di gravidanza, disciplinata dalla Legge n.194/1978. In questo senso, l’art. 9 della Legge n.194/1978 individua l’oggetto dell’obiezione di coscienza:
1) in positivo, attraverso l’indicazione delle attività da cui gli obiettori di coscienza sono esonerati, consistenti in:
- dialogo con la donna al fine di comprendere le circostanze che determinano l’I.V.G.;
- accertamenti clinici che devono esser posti in essere dal medico;
- attestazione dello stato di gravidanza e dell’avvenuta richiesta di I.V.G. da parte della paziente;
- accertamento dei processi patologici che giustificano l’I.V.G. dopo il perentorio termine dei novanta giorni (stabilito dall’art. 4 della L. n.194/1978);
- in generale, procedure ed attività che siano “specificatamente e necessariamente dirette a determinare l’interruzione volontaria di gravidanza” (così si esprime l’art. 9
della legge n.194/1978);
2) in negativo, con riferimento alle seguenti prestazioni sanitarie – rispetto cui l’obiezione non può essere invocata:
- assistenza antecedente e conseguente all’intervento abortivo;
- particolari circostanze nelle quali l’intervento del medico obiettore sia indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo.
In merito alla definizione dei caratteri dell’obiezione di coscienza, la Suprema Corte di Cassazione, Sezione VI Penale – sentenza del 02.04.2013, n. 14979 – ha previsto l’applicabilità del delitto di rifiuto di atti d’ufficio (art.328 codice penale) con riguardo ad un medico obiettore di coscienza il quale – chiamato ad assistere una paziente che era stata precedentemente sottoposta ad interruzione volontaria di gravidanza mediante somministrazione farmacologica eseguita da altro professionista – si era rifiutato di visitarla ed assisterla nel c.d. “secondamento”, cioè durante la successiva fase espulsiva del feto. Nel dettaglio, la Corte di Cassazione – pur riconoscendo al sanitario obiettore di coscienza il diritto di non svolgere attività finalizzate alla causazione dell’aborto – ha stabilito come sia primario assicurare la tutela della salute e della vita della donna, anche nel corso di svolgimento delle procedure di I.V.G. Qualora vi sia un evidente pregiudizio per la salute della paziente, il medico obiettore è pertanto chiamato a svolgere la propria prestazione professionale: ciò anche nelle ipotesi in cui le circostanze causative dell’aborto si siano già determinate. Dai contenuti della summenzionata pronuncia della Suprema Corte di Cassazione si evince come l’obiezione di coscienza possa essere invocata dal sanitario solo con riguardo alla fase propriamente causativa dell’aborto, purché la partoriente non corra pericolo di vita. Il professionista non può tuttavia astenersi dal porre in essere la sua attività nelle situazioni che antecedono e seguono l’interruzione della gravidanza, pena l’insorgenza di responsabilità penale in suo capo.
In ragione di quanto sopra esposto, ho comunicato al dirigente medico socio Galeno come – a mio avviso – l’art. 9 della legge n.194/1978 circoscriva l’oggetto dell’obiezione di coscienza al solo intervento abortivo ed alle sole attività a ciò specificamente finalizzate. Così inquadrata la questione, il medico anestesista obiettore di coscienza è nelle condizioni di astenersi dal porre in essere attività legate in maniera indissolubile – in senso spaziale, cronologico e tecnico – alla pratica abortiva (es. visita e valutazione esami; somministrazione questionario anamnestico; eventuale attivazione di consulenze specifiche; consenso informato anestesiologico). Al contempo, lo specialista in anestesiologia non può rifiutarsi dal compiere la sua opera professionale:
qualora l’iter finalizzato all’interruzione volontaria di gravidanza abbia già avuto inizio ma non si sia ancora concluso. A titolo esemplificativo nelle seguenti peculiari ipotesi:
- induzione anestesia;
- assistenza rianimatoria;
- prescrizione e somministrazione di antibiotico terapia;
- monitoraggio anestesiologico, v) risveglio ed eventuale assistenza rianimatoria; vi) in tutte le fasi successive all’esecuzione dell’intervento in cui sia necessaria la sua
- presenza.
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