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Guardati in bocca e dai grande importanza alla prevenzione

Il dott. Francesco Riva ci parla del cancro del cavo orale.  Buona lettura!

di Francesco Riva

Il tasso di mortalità è ancora molto elevato a causa della mancanza di una diagnosi precoce. Ogni anno in Italia 6000 persone si ammalano di cancro del cavo orale e 3000 ne muoiono. La sopravvivenza a tre anni non va oltre al 50%. In uno studio condotto negli Stati Uniti, più del 50% dei pazienti con cancro orale presentavano diffusione ai linfonodi regionali e metastasi al tempo della diagnosi. Spesso le lesioni erano sintomatiche (nel 67% dei casi circa), segno prognostico negativo. Il 90-95% dei casi di cancro orale sono rappresentati dal carcinoma a cellule squamose, considerato dall’OMS tra i dieci tumori più diffusi al mondo.

La terapia comporta: gravi deturpazioni fisiche, negative ripercussioni sul piano psicologico e qualità della vita decisamente scadente. Il 5% dei malati da un’età tra i 25 e i 65 anni. Oltre al danno per l’individuo il cao comporta un grave danno per la comunità.

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Il progetto ha come obiettivo una significativa diminuzione dei tumori del cavo orale.

Vie possibili: la diminuzione dei comportamenti a rischio da parte del paziente e una diagnosi precoce per autodiagnosi del paziente e controlli mirati dell’odontoiatra.

Gli agenti cancerogeni sono: il Fumo di tabacco (sigarette, pipa, sigaro) e l’alcool.
Nel fumo di tabacco sono stati identificati oltre 30 agenti chimici cancerogeni, tra questi il più noto è il benzopirene. Il ruolo eziologico del tabacco non è stato ancora chiarito. Si parla di lesioni associate al tabacco e non di lesioni indotte dal tabacco stesso, fatta eccezione per la leucocheratosi palatale da nicotina. Si ha un aumento del rischio proporzionale al numero di sigarette. Il livello del rischio ai valori di base dopo 10 anni dall’interruzione dell’abitudine al fumo.
L’abuso di alcool non associato al fumo, determina un aumento del rischio di sviluppo del carcinoma orale da 2 a 20 volte. Altri Autori ipotizzano che l’alcool, da solo, non costituisca una causa determinante, ma agisca come cofattore insieme al tabacco, sviluppando un effetto sinergico con esso. L’uso contemporaneo di fumo ed alcool potenzia l’effetto cancerogeno di entrambi con rischio 35 volte superiore, quando si fumano 40 o più sigarette e si fa uso di superalcolici. Si ha un’azione dell’etanolo come solvente per altri cancerogeni, facilitando la penetrazione nei tessuti; inoltre nell’alcol sono presenti altri cancerogeni. L’alcool inoltre è in grado di inibire i meccanismi di riparazione da parte del DNA. Ha anche un azione generale sul metabolismo epatico generando una epatopatia alcolica.
E’ possibile attuare una prevenzione primaria agendo su questi fattori eziologici con la diminuzione dell’uso di tabacco ed alcool.

Un fattore preventivo importante è una dieta ricca di frutta e verdura con uso moderato di olio extravergine di oliva e vino rosso.

La prevenzione secondaria è basata sulla diagnosi precoce per aumentare il numero dei casi risolti senza provocare gravi danni alla qualità della vita del paziente. Le due vie hanno una partenza comune: la sensibilizzazione del paziente, dell’odontoiatria, del medico di base, di tutte le strutture, mediche e non, che possono fornire informazioni adeguate.
Le zone mucose colpite da carcinoma orale sono facilmente esaminabili anche senza ricorrere ad esami strumentali sofisticati e costosi. Questo esame può essere effettuato da: dentista, medico di medicina generale e dallo stesso paziente.

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Il carcinoma a cellule squamose può insorgere su una mucosa clinicamente sana oppure può essere preceduto da alterazioni tissutali più o meno evidenti all’esame obiettivo: le lesioni e le condizioni potenzialmente maligne. Secondo la definizione dell’OMS, le lesioni potenzialmente maligne, sono “tessuti morfologicamente alterati nei quali il cancro si manifesta con probabilità maggiore rispetto alle controparti apparentemente indenni”. Le alterazioni con tali caratteristiche sono: la leucoplachia, l’eritroplachia e la cheilosi solare o cheilite attinica.

La leucoplachia, secondo la definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, è una macchia o placca biancastra che non può essere inquadrata né clinicamente, né sul piano istologico in un’altra malattia e non può essere associata ad alcun agente eziologico ad eccezione del tabacco. E’ considerata potenzialmente maligna in virtù delle alterazioni istologiche che possono variare dalla semplice ipercheratosi alla displasia, fino al carcinoma in situ. Essa presenta un rischio di cancerizzazione basso nelle forme omogenee, intorno al 5 %, a differenza delle forme non omogenee nelle quali il rischio di cancerizzazione raggiunge fino al 25%. Le sedi più frequenti di degenerazione maligna sono la lingua e il labbro.
La leucoplachia viene classificata, secondo Sugar e Banoczy, in: di Tipo I o Semplice (49%), di Tipo II o Verrucosa (27%) e di Tipo III o Erosiva (24%). Mentre secondo Pingborg et al. viene classificata in: di Tipo  Omogeneo (I+II) o di Tipo Disomogeneo o variegato (III).

Le sedi topografiche più frequentemente interessate dalla leucoplachia sono rappresentate dal pavimento orale, dalla mucosa geniena e dalla commissura labiale.

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Istologicamente si riscontra ipercheratosi o paracheratosi associata ad infiltrazione infiammatoria della lamina propria. Può essere presente displasia cioè tutte quelle alterazioni cellulari e architetturali dell’epitelio associate ad un rischio maggiore di sviluppare un carcinoma rispetto ad una controparte sana. Nel contesto di una leucoplachia si può riscontrare o una displasia di basso grado oppure una displasia di alto grado. Nella displasia di basso grado sono presenti: un aumento dell’indice mitotico, delle figure mitotiche anomale, delle creste papillari a forma di goccia, un’iperplasia basale e una perdita della polarità cellulare.
Invece nella displasia di alto grado si riscontrano: un’ irregolare stratificazione cellulare, delle mitosi nella metà superiore dell’epitelio, una cheratinizzazione in zona spinosa, un ipercromatismo cellulare e una riduzione della coesione cellulare.
Il trattamento è  in funzione dello staging della leucoplachia ovvero: 1) Dimensioni 2) Aspetto macroscopico 3) Grado di displasia.
In caso di leucoplachia con un quadro istologico di semplice ipercheratosi è accettabile il trattamento conservativo con controlli annuali.
In caso di leucoplachia con quadro istologico di basso grado di displasia bisogna proporre al paziente l’escissione chirurgica però risulta comunque accettabile anche il trattamento conservativo con controlli periodici ( 3-6-12 mesi ).
In caso di leucoplachia con quadro istologico di displasia di alto grado o carcinoma in situ bisogna necessariamente effettuare la rimozione chirurgica totale della lesione ed eseguire controlli periodici mensili nel primo anno.

L’eritroplachia è un’area rossa della mucosa, di aspetto vellutato, a contorno irregolare, anche se ben definito dalla mucosa circostante. Spesso si osserva con alterazioni miste leuco-eritroplasiche.

 

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Le sedi che più frequentemente sono interessate dall’eritroplachia sono la mucosa geniena, la gengiva, il pavimento della bocca e le pieghe mucose.
Dal punto di vista istologico la lesione è caratterizzata da una marcata atrofia epiteliale e da gradi variabili di displasia, fino a risultare un carcinoma in situ.
Nel 91% dei casi si osserva trasformazione carcinomatosa per cui è necessario effettuare la rimozione chirurgica totale della lesione ed eseguire controlli periodici mensili nel primo anno.
La cheilosi solare è una patologia associata all’esposizione prolungata ai raggi solari che determinano alterazioni della proliferazione e del DNA cellulari, l’azione dei raggi UV dunque induce un intenso turnover cellulare causa di displasia. Tale patologia colpisce esclusivamente il vermiglio labiale. È una lesione caratterizzata dal punto di vista istologico da atrofia epiteliale, degenerazione basofila del collagene ed  elastosi del derma.

Accanto alle lesioni precancerose sono state definite, in relazione al rischio oncogenetico, le condizioni potenzialmente maligne che, sempre secondo la definizione dell’OMS, indicano “la presenza di alterazioni delle mucose orali in uno stato generalizzato associato a rischio significativamente elevato di cancro”.
Vengono considerate condizioni precancerose: il Lichen planus orale, la candidosi cronica iperplastica la discheratosi congenita, l’anemia sideropenica , l’epidermolisi bollosa, la fibrosi orale sottomucosa, l’iperplasia verrucosa, il lupus eritematoso discoide (LED), la stomatite nicotinica e lo xeroderma pigmentoso.

Il lichen planus è una patologia autoimmunitaria della cute e delle mucose a carattere infiammatorio.
Si riconoscono diverse forme che si dividono a loro volta in varianti bianche e varianti rosse; le forme bianche sono quelle reticolare, a placca e lineare mentre le forme rosse sono quelle atrofica, erosiva e bollosa. Tra le varie forme cliniche di Lichen planus, quella atrofico-erosiva presenta una degenerazione maligna che arriva fino al 20-25%.

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 E’ importante effettuare una diagnosi differenziale delle lesioni bianche e rosse del cavo orale.

Le lesioni bianche e le lesioni rosse del cavo orale sono: patologie micotiche, afte/ulcere traumatiche, lichen , cheratosi, nevi, patologie virali, iperplasie inf. /epulidi e tumori benigni.

La candidosi è la più frequente infezione micotica, causata dalla candida albicans. Esistono diverse varianti cliniche: candidosi pseudomembranosa, candidosi atrofica (acuta o cronica), candidosi iperplastica e  cheilite angolare. La forma pseudo membranosa è caratterizzata da placche bianco-cremose che si lasciano facilmente asportare, facendo residuare una superficie eritematosa, erosa o ulcerata. La forma iperplastica può simulare una leucoplachia non omogea e si manifesta come squame, noduli o placche verrucose di colorito biancastro. La forma atrofica acuta insorge dopo terapia antibiotica prolungata con aree rosse sul palato e sul dorso linguale. La forma atrofica cronica si presenta in portatori di protesi rimovibile con zone eritematose multiple in corrispondenza del letto protesico sul palato o sul dorso linguale; quando si sovrappone l’infezione da candida ad una preesistente iperplasia papillare della mucosa si manifesta come lesione di aspetto nodulare sul palato. La cheilite angolare si manifesta sotto forma di lesioni fissurate o ragadi circondate da un alone eritomatoso a livello delle commessure labiali per colonizzazione del sito da parte di  candida albicans e/o da parte del stafilococco aureus.

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I virus che più frequente provocano delle manifestazioni a livello del cavo orale sono: l’herpes simplex, il papilloma virus ( HPV ) e l’HIV.

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L’herpes simplex provoca delle lesioni vescicolo-bollose che colpiscono esclusivamente la mucosa cheratinizzata del cavo orale come il vermiglio labiale, il palato e la gengiva aderente.

Le lesioni vescicolo bollose all’interno del cavo orale esitano in erosioni o ulcere per il continuo traumatismo determinato dai movimenti della lingua e della mandibola e per l’umidità legata alla secrezione salivare, vanno incontro a macerazione e caduta del sottile epitelio di rivestimento con interessamento dei piani sottoepiteliali.

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L’HPV mostra tropismo per l’epitelio corneificato determinando differenti lesioni come il Papilloma Squamoso, la Verruca volgare, il Condiloma acuminato e la Malattia di Heck. L’HIV determina caratteristiche lesioni come il sarcoma di Kaposi e la Hairy leucoplakia.

Il primo è correlato alla presenza dell’herpes virus 8 in soggetti HIV+ e si manifesta con maggior frequenza sul palato e sulla gengiva con macule multiple di colore bluastro che causano dolore e sanguinamento.

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Il sarcoma di Kaposi negli stadi più avanzati si manifesta sottoforma di noduli o placche di colore scuro. La Hairy Leucoplakia è correlata alla presenza del virus di Epstein-Barr in soggetti HIV+ e si manifesta sui margini linguali come una superficie biancastra e corrugata per l’esistenza di fini rilevatezze disposte verticalmente.

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L’Afta è un’ulcerazione su base immunologica di forma circolare o ovalare che si localizza sulle mucose non cheratinizzate tranne nei pazienti HIV+, nei quali coinvolge anche la mucosa cheratinizzata. Si manifesta sotto tre forme cliniche: una minore, che ha dimensioni minori di 1 cm, una maggiore, che ha dimensioni maggiori di 1 cm, e una erpetiforme che si presenta con piccole ulcere disposte a grappolo.

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Per maggiori informazioni, basta consultare il sito del dott. Francesco Riva.