prof. Marcello Negri
Gli studi clinici randomizzati e controllati, gli interventional trials, sono alla base di una corretta pratica medica nei suoi due momenti cruciali: la diagnosi (interpretazione dei presidi diagnostici) e la terapia (soprattutto farmaci, ma anche ad esempio procedure chirurgiche). Ne siamo debitori all’esperienza di Archibald Cochrane maturata prima come medico di un campo tedesco con 20.000 prigionieri inglesi nella II guerra mondiale, poi come testimone e in parte corresponsabile della nascita del National Health Service (Regno Unito).
Con Cochrane si concretizza l’Evidence Based Medicine della quale i trials sono la colonna portante. Ma non deve stupire che in merito ad essi possano sorgere perplessità se si considerano da una parte gli interessi collegati all’ampio numero di entità che vi partecipano, dalle industrie farmaceutiche ai medici universitari e/o ospedalieri che li progettano ed eseguono, alle riviste scientifiche che pubblicano i risultati, dall’altra il fatto che la ricerca viene condotta sull’uomo.
La necessità di controlli
La comunità medica internazionale, negli ultimi 30 anni, si è lamentata soprattutto che non sono disponibili informazioni circa l’inizio di uno studio clinico e che i trials con esito negativo molto spesso non sono resi pubblici (1). Tale è stata la pressione di articoli su prestigiose riviste che nel 2007 la Food and Drug Administration (USA) stabilì di infliggere multe salate qualora uno studio clinico non venisse pubblicato entro un anno dal suo completamento. Certamente, su questa decisione influì il processo intentato 3 anni prima ad una casa farmaceutica che omise di rendere pubblico uno studio clinico dal quale emergeva la nocività di uno psicofarmaco. Nello stesso anno 2007 sull’autorevole Archives of Internal Medicine (2) veniva esposta la necessità che uno dei numerosi comitati collegati in vario modo con il mondo medico supervisionasse gli atti dei trials. Ma minacce di multe e sollecitazioni alle amministrazioni non sono state seguite da risolutivi comportamenti fino ad oggi (3).
Protezione dei soggetti umani
Fin dal 1974 sono state approntate negli USA salvaguardie per le gravide, i feti, i neonati, i bambini e i reclusi arruolati negli studi clinici, ma il dibattito sui principi etici ai quali ci si deve attenere è proseguito negli anni e nel 2009 è approdato alla Casa Bianca.
Un’apposita commissione governativa ha presentato nel 2011 un anticipo di regolamento e nel settembre 2015 il documento finale. In un articolo del novembre scorso, E. J. Emanuel (4) riporta e commenta le proposte di questo comitato che all’epoca egli stesso aveva convocato; le sue conclusioni sono nette: “i cambiamenti proposti, sebbene imperfetti, sono un significativo passo avanti… sostanzialmente questa riforma è un compromesso… Io esorto il governo ad emanare speditamente il regolamento… rimandare non migliorerebbe la riforma”.
Entra in scena il WHO
Nell’aprile 2015 il WHO (5) ha stabilito che siano resi pubblici tutti i trials clinici, siano essi presenti o passati e i risultati positivi o negativi. Una rivoluzione a livello mondiale. Sono seguiti diversi interventi, importanti per la loro tempestività e competenza. F. Baylis e M. Herder (6) hanno approfondito i possibili dettagli attuativi della deliberazione: le modalità della revisione, il tipo di trial da sottoporre ad esame, l’individuazione dei revisori fra i numerosi comitati e autorità del campo medico.
Gli autori, inoltre, hanno confutato l’ovvia osservazione “c’è già il comitato etico”, chiarendo che i componenti di questo comitato “si limitano a verificare il rapporto rischi/benefici mentre ben più complete saranno le competenze di veri e propri revisori”. Affermano, infatti, che sono fondamentali l’istituzione di un regolare e sistematico procedimento di revisione e la presa di responsabilità di tutti gli “attori” della produzione di uno studio clinico. Però, temono che “la deliberazione del WHO – al pari degli eventi precedenti – nel caso in cui non fosse supportata da sicure risorse e opportunamente coordinata, sarà più onorata per la violazione che per l’osservanza (Shakespeare: Amleto, atto I, scena 4)”.
Bibliografia
1. K Dickersin, D Rennie. Registering clinical trials. JAMA 2003,290,516. 2. L A Levin, J Palmer. Institutional review boards should require clinical trial registration. Arch Intern Med
2007, 167, 1576
3. .M L Anderson et Al. Compliance with results reporting at Clinical trials.gov. N Engl J Med 2015, 372, 1031.
4. E J Emanuel. Reform of clinical research regulations, finally. N Engl J Med 2015, Nov 4.
DOI: 10.1056/NEJMp1512463.
5. WHO. WHO statement on public disclosure of clinical trial result. www.who.int/ictrp/results/results/reporting/el/
2015. accessed may 15, 2015.
6. F Baylis, M Herder. Who will implement WHO’s statement on public disclosure of trial results? Lancet 2015,
9985, 2353.