prof. Marcello Negri
Non c’è dubbio che i pacemaker hanno rappresentato un presidio fondamentale in cardiologia fin dal primo impianto completo nel 1958, e che gli attuali rappresentano il punto di arrivo di rilevanti evoluzioni tecnologiche. Merita riportare alcuni dati: i portatori di pacemaker sono circa 4 milioni nel mondo, 700.000 in Italia; nel 2012 ne sono stati installati in Europa 923 per milione di abitanti e in Italia 1008; sempre in Italia nel 2013 più di 64.000 in totale.
L’installazione del pacemaker è un atto chirurgico e non è esente da pericoli. R. E. Kirlfeldt et Al. (1) hanno riscontrato complicazioni in circa il 10% dei pazienti riguardanti sia la tasca (ematomi, lesioni cutanee, infezioni) sia gli elettrocateteri (pneumotorace, perforazione cardiaca, dislocazione degli stessi). Inoltre, gli elettrocateteri, successivamente al posizionamento, possono andare incontro a usura e quindi a rottura. Gli autori, forti di una casistica di 5.918 pazienti, notano che “le complicazioni sono più frequenti di quanto si creda” e ammoniscono a valutare attentamente gli indicatori predittivi clinici e tecnici prima di procedere all’impianto.
Pacemaker intracardiaco
Dal 1970 lo sviluppo dei circuiti elettronici e le nanotecnologie hanno impresso l’accelerazione allo studio di un pacemaker che potesse essere impiantato all’interno del ventricolo destro così da evitare le complicazioni. Due dispositivi hanno varcatola soglia dell’applicazione nell’uomo, il primo nel 2012, denominato Nanostim (St. Jude Medical), il secondo l’anno dopo denominato Micra (Medtronic). Sono molto simili. Nanostim pesa 2 g, è lungo 41,4 mm, ha un volume di 1 cc; Micra ha uguale peso, volume 0,8 e lunghezza 25,9 (il pacemaker convenzionale è 10 volte più grande); la batteria, la telemetria e il modo di fissaggio al ventricolo differiscono tra i due dispositivi.. L’impianto è semplice, richiede un atto invasivo minimo in quanto l’apparecchio viene posizionato direttamente nel cuore mediante un catetere introdotto attraverso la vena femorale; non è provvisto di elettrocateteri; la batteria dura 10 anni; i rischi di infezione risultano molto ridotti. Ci sono vantaggi anche dal punto di vista estetico: non si vede più il rigonfiamento dovuto alla tasca di allocamento del pacemaker tradizionale e non si evidenziano cicatrici.
Nel maggio 2015 J. Sperzel et Al (2) hanno pubblicato un’ampia review sugli aspetti tecnici e clinici preliminari dei due dispositivi: “…una nuova era …molti dei problemi legati alla tasca e agli elettrocateteri possono essere evitati … per ora sono indicati per i pazienti che richiedono una stimolazione permanente di un singolo ventricolo, ma si aprono nuove prospettive… tuttavia sono necessari dati sulla sicurezza, durata delle prestazioni, estraibilità dell’apparecchio”. Ma pochi mesi dopo…
I trials
Sul New England Journal of Medicine sono stati pubblicati i risultati riguardanti due importanti studi clinici concernenti a settembre l’impianto di Nanostim, V. Y. Reddy et Al (3), e a novembre di Micra, Reynolds et Al. (4). In entrambi i trial si è trattato di studi prospettici multicentrici; i pazienti impiantati sono stati 526 e 725 rispettivamente; i risultati riguardanti l’efficacia e la sicurezza sono stati confrontati con gli obiettivi prefissati ottenuti da “dati storici” inerenti l’impianto di pacemaker convenzionali (non definiti nel primo trial e provenienti da 6 studi pubblicati in precedenza nel secondo). In particolare:
– Nanostim: l’impianto è stato coronato da successo nel 95,8%; sono risultati superiori agli obiettivi prefissati sia l’efficacia (95% CI = 86,0 – 93,2) sia la sicurezza (95% CI = 89,9 – 95,9); dopo 6 mesi gli eventi avversi sono stati 6,7%, tra i quali dislocazione dell’apparecchio con recupero percutaneo nell’1,7%, perforazione cardiaca nell’1,3%, elevazione della soglia di stimolazione nell’1,3% per cui l’apparecchio è stato recuperato per via percutanea e riposizionato.
– Micra: l’impianto è stato coronato da successo nel 99,2%; gli obiettivi di efficacia e sicurezza prefissati sono stati centrati; le complicanze maggiori riscontrate dopo 6 mesi sono state significativamente inferiori a quelle collazionate in 2.776 pazienti storici (hazard ratio 0,49; 95% CI = 0,33-0,75).
Simposio internazionale
Nello scorso dicembre, a Roma (5) si è parlato a lungo del pacemaker intracardiaco senza elettrocateteri e sono state confrontate molteplici esperienze, comprese quelle italiane attive fin dal 2013: è stato confermato il giudizio positivo scaturito dai trials; inoltre. è stato anche risposto al quesito circa l’estraibilità dell’apparecchio dal ventricolo: nessun problema.
Bibliografia
1. R E Kirkfeldt et Al. Complications after cardiac implantable electronic device implantations: an analysis of a
complete, nationwide cohort in Denmark. Eur Heart J 2013, 17 dec. DOI: http:/dx.doi.org/10.1093/eurheartj/eht511.
2. J Sperzel et Al. State of art of leadless pacing. EP Europace 2015, 29 may.
DOI: http: udx.doi.org/10.1093/europace/euv096.
3. V Y Reddy et Al. Percutaneous implantation of an entirely intracardiac leadless pacemaker. N Engl J Med 2015,
373, 1125.
4. D Reynolds et Al. A leadless intracardiac transcatheter pacing system. N Engl J Med 2015 nov 9.
DOI: 10.1056NEJMoa1511643
5. XVI International symposium on progress in clinical pacing. Rome, 1-5 december 2015.