Cassa Galeno

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Diagnosi prenatale di Sindrome di Down con il cfDNA

prof. Marcello Negri

cfDNA sta per cell-free fetal DNA ed è il nome di un test con elevato valore predittivo della sindrome di Down.

images-1Tra le malformazioni fetali di origine genetica (oltre 40.000) particolare attenzione viene rivolta alla sindrome di Down (trisomia 21) in quanto, pur provocando anche aborto e morte fetale, colpisce l’1 per mille dei nati vivi (WHO) soprattutto di donne ultratrentacinquenni e aumenta di frequenza con il progredire dell’età; si caratterizza per poca-moderata disabilità con ritardo mentale e presenza di anomalie più o meno gravi in diversi organi. Da qui l’importanza della diagnosi prenatale: l’amniocentesi dai primi anni ’70 e il prelievo di villi coriali dagli ’80 hanno permesso lo studio citogenetico del feto. Queste tecniche comportano il rischio, seppure limitato, di aborto (tra lo 0,5 e l’1%) e quindi sono da utilizzare preferibilmente secondo indicazioni precise. L’avvento di due test non invasivi eseguiti insieme – l’indagine ecografica (aumento della translucenza nucale) e il TRI Test (biomarkers), definiti metodi tradizionali – ha consentito di identificare, con una sensibilità del 78,9%, le gravide a rischio alle quali proporre i test invasivi su detti.

Nell’ultimo decennio è maturato il test del DNA fetale libero circolante nel sangue materno (cfDNA = cell-free fetal DNA). Tutto si è via via concretizzato dall’inizio del millennio in Hong Kong con l’utilizzazione della tecnica PCR e la possibilità di isolare nel sangue materno cellule fetali e frammenti di DNA fetale libero; per il test è stato scelto quest’ultimo poiché è presente in quantità 25 volte superiore rispetto a quello estraibile dalle cellule. Tre anni fa  S. J. Wang et Al. (Zhonghua Fu Chan Ke Za Zhi 2012, 47,808) hanno definito cfDNA per la “diagnosi prenatale di trisomia 21… sicuro, accurato, di alta utilità che può ridurre il ricorso alla diagnosi invasiva”.

Sono seguiti diversi trials clinici. Sono giunte per prime le conferme che nelle gravide ad alto rischio la positività di cfDNA ha una sensibilità del 100%, nettamente superiore a quella dei metodi tradizionali. Poi, il test è stato esteso alle gravide a basso rischio, ottenendo analoghi risultati. Infine, del tutto recente è il trial nelle gravide tra la 10a e 14a settimana, non selezionate (15.841 scelte routinariamente in 35 centri, età media 30 anni) effettuato da M. E. Norton et Al (New Engl J Med 2015, 1 april, DOI: 10, 1056,/NEJM oa 1407349): cfDNA è risultato positivo per la trisomia 21 in 38 gravide con una sensibilità del 100% (intervallo di confidenza al 95% 90,7-100) rispetto al 79% dei metodi tradizionali, i falsi positivi sono stati lo 0,06% contro il 5,4% dei metodi tradizionali, il valore predittivo positivo del test si è attestato all’80,9% contro il 3,4% dei metodi tradizionali. cfDNA è risultato superiore ai test tradizionali anche per la diagnosi di trisomia 18 (s. di Edwards) e di trisomia 13 (s. di Patau) ma con intervalli di confidenza inferiori.

Lo studio di Norton et al. – anche tenendo conto di 3114 gravide scartate che avrebbero potuto ridurre la sensibilità dello screening e di alcune critiche minori – ha dimostrato che cfDNA, seppure non sia un test assolutamente diagnostico, rispetto ai metodi tradizionali ha una sensibilità nettamente superiore e comporta una cospicua riduzione dei falsi positivi; proprio l’esiguo numero di falsi positivi potrebbe evitare a molte donne il ricorso ai metodi invasivi.